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Sala Operativa
Jack Mars


Un Thriller Della Serie di Luke Stone #3
SALA OPERATIVA è il libro #3 della serie thriller best-seller di Luke Stone, che inizia con A OGNI COSTO (libro #1), un libro scaricabile gratuitamente con più di sessanta recensioni a cinque stelle! Un cyber-attacco su un’oscura diga statunitense fa migliaia di morti e il governo si chiede chi abbia attaccato, e perché. Quando diventa chiaro che si tratta solo della punta dell’iceberg – e che è a rischio la sicurezza dell’intera America – alla presidente non rimane altra scelta che rivolgersi a Luke Stone. A capo di una squadra d’élite dell’FBI ormai sciolta, Luke non vuole il lavoro. Ma con i nuovi nemici – stranieri e interni – ad accerchiarla da tutte le parti, la presidente può fidarsi solo di lui. Ne seguono delle montagne russe internazionali piene di azione, con Luke che apprende che i terroristi sono più sofisticati di quanto avessero mai pensato, che l’obiettivo è più esteso di quanto chiunque avesse mai potuto immaginare – e che c’è pochissimo tempo per salvare l’America. Thriller politico che viaggia a rotta di collo, con ambientazioni drammatiche, colpi di scena inaspettati e suspense adrenalinica, SALA OPERATIVA è il libro #3 della serie di Luke Stone, un’esplosiva nuova serie che ti costringerà a voltare una pagina dopo l’altra fino a tarda notte. Il libro #4 della serie di Luke Stone sarà presto disponibile.







S A L A O P E R A T I V A



(UN THRILLER DI LUKE STONE – LIBRO 3)



J A C K M A R S


Jack Mars



Jack Mars è l’autore della serie thriller best-seller di LUKE STONE, che include i thriller di suspense A OGNI COSTO (libro #1), IL GIURAMENTO (libro #2), SALA OPERATIVA (libro #3), CONTRO OGNI NEMICO (libro #4), OPERAZIONE PRESIDENTE (libro #5), e IL NOSTRO SACRO ONORE (libro #6).



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Copyright © 2016 di Jack Mars. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per suo uso personale, è pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright STILLFX, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com.


I LIBRI DI JACK MARS



I THRILLER DELLA SERIE DI LUKE STONE



A OGNI COSTO (Libro #1)

IL GIURAMENTO (Libro #2)

SALA OPERATIVA (Libro #3)

CONTRO OGNI NEMICO (Libro #4)

OPERAZIONE PRESIDENTE (Libro #5)

IL NOSTRO SACRO ONORE (Libro #6)





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INDICE

CAPITOLO UNO (#ubef013ba-e2d1-5a87-99c8-06cadf262433)

CAPITOLO DUE (#u80e0ad30-b2b3-588f-9b57-7879cf0fa716)

CAPITOLO TRE (#u51871f14-896b-5f4e-99c8-5b092b9e1ab4)

CAPITOLO QUATTRO (#u5f4bd72a-c777-5b2e-bd0b-0096d57075c0)

CAPITOLO CINQUE (#u1cd5c298-1246-5b2f-83aa-d68f6f7c14ba)

CAPITOLO SEI (#u78aacd3d-b137-5cab-98ad-f21e44529d93)

CAPITOLO SETTE (#u745ae52c-7a79-5082-9e7b-02832e541c95)

CAPITOLO OTTO (#u256f9f08-269d-54f7-8ed1-bf1d3434212b)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTADUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTATRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTAQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTACINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTASEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTASETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTANOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTADUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTATRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTAQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTACINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTASEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTASETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUARANTOTTO (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


15 agosto

7:07

Diga di Black Rock, Great Smoky Mountains, Carolina del Nord



La diga era lì, immutabile, gigantesca, l’unica costante della vita di Wes Yardley. Gli altri che ci lavoravano la chiamavano la “Madre”. Costruita per generare energia idroelettrica nel 1943 all’apice della seconda guerra mondiale, la diga era alta quanto un edificio di cinquanta piani. La centrale elettrica collegata alla diga era alta sei piani, e la Madre si stagliava alle sue spalle come una fortezza uscita da un incubo medievale.

Wes cominciò il turno nella sala di controllo nello stesso modo in cui aveva fatto negli ultimi trentatré anni: si mise a sedere alla lunga scrivania semicircolare, ci buttò su di peso la tazza del caffè e fece il log-in nel computer che aveva davanti. Lo fece in automatico, senza pensare, ancora mezzo addormentato. Era l’unica persona nella sala di controllo, un luogo così antiquato da somigliare al set della vecchia serie televisiva Spazio 1999. L’ultima volta era stata ristrutturata a un certo punto negli anni Sessanta, ed era una versione anni Sessanta di come avrebbe potuto essere il futuro. Le pareti erano coperte di manopole e interruttori, molti dei quali non venivano toccati da anni. C’erano grossi schermi video che nessuno accendeva mai. Non c’era nessuna finestra.

La mattina presto normalmente era il momento della giornata preferito di Wes. Aveva un po’ di tempo da solo per sorseggiare il caffè, dare una scorsa al registro della notte precedente, controllare le cifre di produzione elettrica, e poi leggere il giornale. Abbastanza spesso si versava una seconda tazza di caffè arrivato circa a metà della pagina sportiva. Non aveva motivo di fare altrimenti; dopotutto, lì non succedeva mai niente.

Negli ultimi due anni aveva preso a leggere gli annunci economici come parte del rituale del mattino. Da diciassette anni, da quando erano arrivati i computer e la sala di controllo si era automatizzata, i cervelloni della Tennessee Valley Authority parlavano di controllare la diga da postazione remota. Non si era arrivati a quel punto, e forse non ci si sarebbe arrivati mai. Non era arrivato niente neanche dagli annunci e dalla lettura di Wes. Era un buon lavoro. Sarebbe stato felice di uscirsene di lì su un tavolo autoptico un giorno, in un futuro, si spera, lontano. Si allungò distrattamente per prendere la tazza sfogliando i resoconti dell’ultima nottata.

Poi alzò lo sguardo – e tutto cambiò.

Lungo il muro di fronte a lui stavano lampeggiando sei lucette rosse. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che era successo che gli ci volle un intero minuto per ricordare anche solo che cosa significassero quelle luci. Ogni luce era un indicatore delle saracinesche. Undici anni prima, durante una settimana di piogge torrenziali, su a nord, ne avevano tenuta aperta una per tre ore buone al giorno in modo che l’acqua sulla cima non esondasse dalle pareti. Una delle luci aveva lampeggiato per tutto il tempo in cui era rimasta aperta.

Ma… sei luci? Tutte contemporaneamente? Poteva solo significare…

Wes strizzò gli occhi davanti alle luci, come se così potesse vederle meglio. “Che diavolo..?” disse a bassa voce.

Prese il telefono sulla scrivania e digitГІ tre cifre.

“Wes,” disse una voce assonnata. “Come va? Hai visto i Braves ieri sera?”

“Vince?” disse Wes ignorando la presa in giro dell’uomo. “Sono di sotto, e sto guardando il pannello. Ci sono delle luci che mi dicono che le saracinesche dalla Uno alla Sei sono tutte aperte. Cioè, adesso, tutte e sei le saracinesche. È un malfunzionamento dell’attrezzatura, vero? Una specie di errore della strumentazione, o un problema tecnico del computer. Vero?”

“Le saracinesche sono aperte?” disse Vince. “Non può essere. Non mi ha detto niente nessuno.”

Wes si alzò e andò lentamente verso il pannello. Il filo del telefono si allungava dietro di lui. Fissò le luci, meravigliato. Non c’era un display. Non c’erano dati a spiegare niente. Non si vedeva niente. C’erano solo quelle luci, che lampeggiavano fuori tempo, alcune veloci, altre lente, come un albero di Natale un po’ impazzito.

“Be’, è quello che sto guardando. Sei luci, tutte in una volta. Dimmi che non abbiamo sei saracinesche aperte, Vince.”

Wes si accorse che non aveva bisogno che glielo dicesse Vince. Vince stava parlando, ma Wes non lo ascoltava. Mise giГ№ il telefono e si spostГІ per uno stretto corridoio fino a raggiungere la sala di osservazione. Gli sembrava che i suoi piedi non fossero attaccati al corpo.

Nella sala di osservazione l’intera parete a sud era di vetro completamente rinforzato. Normalmente dava su un calmo fiume che scorreva lontano dall’edificio, svoltando a destra qualche centinaio di metri più in là per poi sparire nei boschi.

Non oggi.

Adesso, di fronte a lui, c’era un torrente scatenato.

Wes rimase lì, a bocca spalancata, congelato, ottenebrato, con un freddo solletico che gli si diffondeva per le braccia. Era impossibile vedere quel che stava accadendo. La spuma spruzzava a decine di metri di altezza. Wes non vedeva neanche i boschi. Udiva un rumore attraverso lo spesso vetro, però. Era il ruggito dell’acqua – di più acqua di quanta lui potesse immaginare.

Quaranta milioni di litri di acqua al minuto.

Il rumore, piГ№ di tutto il resto, gli fece sobbalzare il cuore nel petto.

Wes tornò di corsa al telefono. Sentì la sua stessa voce nella cornetta, senza fiato.

“Vince, ascoltami. Le saracinesche sono aperte! Tutte quante! Abbiamo un muro d’acqua alto dieci metri e largo sessanta che sta venendo qui! Non riesco a vedere che diavolo sta succedendo. Non so come sia accaduto, ma dobbiamo richiuderle. ADESSO! Conosci la sequenza?”

Vince era stranamente calmo; però lui tutta quell’acqua non l’aveva vista.

“Prendo il manuale,” disse.

Wes andò al pannello di controllo con il telefono incastrato sotto all’orecchio.

“Dai, Vince. Muoviti!”

“Okay, ci sono,” disse Vince.

Vince gli disse la sequenza a sei cifre, che Wes digitГІ nella tastiera.

GuardГІ le luci, aspettandosi che si fossero spente; ma lampeggiavano ancora.

“Non va. Hai altri numeri?”

“I numeri sono quelli. Li hai digitati giusti?”

“Li ho digitati come me li hai detti tu.” A Wes presero a tremare le mani. Comunque stava cominciando a sentirsi calmo anche lui. Anzi, più che calmo. Si sentiva lontano da tutto quanto. Una sera era rimasto coinvolto in un incidente automobilistico su una strada innevata di montagna, e mentre la macchina girava su se stessa andando a colpire il guardrail Wes si era sentito proprio come in quel momento lì. Si sentiva addormentato, come se stesse sognando.

Non aveva idea di come le saracinesche fossero state aperte, ma sei in una volta voleva dire liberare molta acqua. Decisamente troppa acqua. Una quantitГ  di acqua che avrebbe scavalcato le sponde del fiume. Avrebbe causato una massiccia inondazione. Wes pensГІ al lago gigantesco sopra alle loro teste.

Poi pensò a qualcos’altro, a una cosa alla quale non voleva pensare.

“Premi cancella e ricominciamo da capo,” disse Vince.

“Vince, c’è il villaggio turistico tre miglia lungo il corso del fiume. Siamo in agosto, Vince. Lo sai che sto dicendo? È alta stagione, e non hanno la più pallida idea di cosa sta per succedere. Dobbiamo chiudere tutto all’istante, o dobbiamo chiamare qualcuno laggiù. Devono far evacuare la gente.”

“Premi cancella e ricominciamo da capo,” disse di nuovo Vince.

“Vince!”

“Wes, hai sentito cosa ti ho appena detto? Chiudiamo le saracinesche. Se non ci riusciamo chiamo il villaggio tra due minuti. Adesso premi cancella e ricominciamo da capo.”

Responsabilmente, Wes fece come gli era stato detto, temendo nel profondo di se stesso che non avrebbe mai funzionato.



*



Il telefono sulla scrivania di fronte suonava incessantemente.

Montgomery Jones era alla caffetteria del Black Rock Resort, a cercare di godersi la colazione. Era la stessa colazione che gli servivano ogni giorno – uova strapazzate, salsicce, pancake, waffle – tutto ciò che si voleva. Ma oggi, dato che c’era così tanta gente, era seduto nell’angolo del locale più vicino all’ingresso. C’era un centinaio di mattinieri lì, a occupare tutti i tavolini, a intasare i lavori in tutte le zone di ristoro. E quel telefono stava cominciando a rovinare la mattinata di Monty.

Si voltò e guardò nell’ingresso. Era un posticino rustico, con una pannellatura in legno, un caminetto in pietra e una scrivania malconcia che centinaia di persone avevano inciso nel corso di lunghi anni. La scrivania era un folle intaglio di iniziali racchiuse in cuoricini, auguri dimenticati da tempo e incerti tentativi di tratteggio.

Non c’era nessuno alla scrivania a rispondere al telefono, e chiunque fosse all’altro capo non recepiva il messaggio. Ogni volta che il telefono smetteva di suonare, faceva una pausa di qualche secondo e poi ricominciava. Per Monty ciò stava a significare che ogni volta che chi chiamava arrivava alla segreteria riappendeva e ci riprovava. Era fastidioso. Qualcuno doveva desiderare ardentemente fare una prenotazione dell’ultimo minuto.

“Richiama, idiota.”

Monty aveva sessantanove anni, e andava a Black Rock da almeno venti, spesso due o tre volte all’anno. Adorava quel posto. Ciò che adorava di più era alzarsi presto, fare una buona e calda colazione, e andarsene per le strade panoramiche di montagna con la sua Harley Davidson. Per questa vacanza aveva con sé la sua ragazza, Lena. Aveva quasi trent’anni meno di lui, ma era ancora di sopra, in camera. Le piaceva dormire fino a tardi, a Lena. Il che significava che sarebbero partiti tardi, quella mattina. Andava bene così. Lena ne valeva la pena. Lena era la prova che il successo ripagava. Se la immaginò a letto, con i lunghi capelli bruni allargati tra i cuscini.

Il telefono smise di suonare. Trascorsero cinque secondi prima che ricominciasse.

Benissimo. Ne ho abbastanza. Avrebbe risposto Monty a quel maledetto telefono. Si alzò e scricchiolò sulle gambe legnose fino alla scrivania. Esitò solo un secondo prima di sollevare la cornetta. Il dito indice della mano destra seguì l’intaglio di un cuore con una freccia nel centro. Sì, veniva lì spesso. Ma il posto non gli era familiare come se ci lavorasse. Non poteva prendere prenotazioni, e nemmeno messaggi. Perciò avrebbe solo detto a chi chiamava di riprovare più tardi.

Prese la cornetta. “Pronto?”

“Sono Vincent Moore della Tennessee Valley Authority. Sono alla stazione di controllo della diga di Black Rock, tre miglia a nord da dove siete voi. È un’emergenza. Abbiamo un problema con le saracinesche, ed è necessaria l’evacuazione immediata del villaggio. Ripeto, evacuazione immediata. Sta arrivando un’inondazione.”

“Cosa?” disse Monty. Qualcuno lo stava prendendo in giro. “Non la capisco.”

Proprio allora nella caffetteria cominciГІ un trambusto. CominciГІ uno strano chiasso di voci che si alzavano di tono. Improvvisamente una donna urlГІ.

L’uomo al telefono ricominciò. “Sono Vincent Moore della Tennessee Valley…”

UrlГІ qualcun altro, una voce maschile.

Monty teneva il telefono all’orecchio ma non stava più ascoltando. Appena oltre la soglia la gente della caffetteria si stava alzando dalle sedie. Alcuni stavano andando alle porte. Poi, in un attimo, il panico prese il sopravvento.

Le persone correvano, spingevano, cadevano le une sulle altre. Monty osservò tutto. Un’ondata di gente venne verso di lui, con gli occhi spalancati, le bocche aperte in rotonde O di terrore.

Mentre Monty osservava attraverso la finestra, un muro di acqua di un metro almeno si abbatté a terra. Un tizio della manutenzione in un’auto da golf che risaliva una collinetta dalla casa principale fu preso dalla marea. Il mezzo si capovolse, gettando l’uomo nell’acqua e atterrandogli sopra. Il mezzo fu preso per un attimo, poi scivolò lungo il fianco della collina, spinto da tutta l’acqua, e guadagnò velocità.

Scivolava dritto verso le finestre, a una velocitГ  impossibile.

CRASH!

Il veicolo si schiantò di traverso contro la finestra, infrangendola – e un torrente di acqua lo seguì.

Si riversò nella caffetteria attraverso la finestra rotta. L’auto passò attraverso i vetri, poi scivolò per la stanza. Un uomo cercò di fermarla, cadde in un metro d’acqua e non tornò più in superficie.

Ovunque la gente affondava nell’acqua che saliva, incapace di stare in piedi. Tavoli e sedie scivolavano per la stanza e si impilavano contro la parete opposta.

Monty si mise dietro alla scrivania. Si guardò i piedi. L’acqua gli arrivava già alle caviglie. Improvvisamente, dall’altra parte, l’intera finestra di nove metri della caffetteria collassò, scagliando enormi schegge di vetro dappertutto.

Sembrò un’esplosione.

Monty si preparò a correre. Ma prima che i piedi potessero partire, prima di poter anche solo balzare sulla scrivania, tutto ciò che poté fare fu alzare le braccia e urlare mentre il muro d’acqua lo divorava.




CAPITOLO DUE


7:35

Osservatorio navale degli Stati Uniti – Washington, DC



Per Susan Hopkins, prima presidente donna degli Stati Uniti, la vita non avrebbe potuto essere migliore. Era estate, perciò Michaela e Lauren erano in vacanza da scuola. Pierre le aveva portate lì una volta che le cose si erano sistemate, e finalmente l’intera famiglia era nella Nuova Casa Bianca. Michaela si era ripresa dal rapimento come fosse stata un’avventura pazzesca che aveva deciso di superare. Aveva anche fatto un giro di talk show raccontando la sua esperienza, ed era stata la coautrice di un articolo per una rivista nazionale con Lauren.

E Susan e Pierre si erano ritrovati a farsi in quattro perché Lauren non si sentisse esclusa dalla pubblicità. Dopo la prima intervista in tv, avevano insistito perché le ragazze partecipassero insieme agli show. Era giusto così – mentre Michaela era intrappolata su una torre di cinquanta piani sorvegliata da terroristi, Lauren era a casa da sola, la sorella gemella e compagna di una vita strappatale via.

A volte Susan si ritrovava senza fiato al pensiero di perdere la figlia. Si svegliava nel bel mezzo della notte di tanto in tanto, ad ansimare, come se un demone le sedesse sul petto.

Doveva ringraziare Luke Stone per il ritorno di Michaela. Luke Stone gliel’aveva riportata indietro. Lui e la sua squadra avevano ucciso ogni singolo rapitore. Era un uomo difficile da capire. Spietato killer da una parte, padre amorevole dall’altra. Susan era convinta che fosse salito su quel tetto non per il suo lavoro, ma perché voleva tanto bene a suo figlio da non riuscire a sopportare il pensiero che Susan perdesse sua figlia.

In dieci giorni l’intera famiglia, meno Susan, sarebbe tornata in California per prepararsi per l’anno scolastico. Li avrebbe persi ancora, ma era solo una perdita temporanea, e averli lì era stato fantastico. Così fantastico che aveva quasi paura di pensarci.

“A cosa stai pensando?” disse Pierre.

Erano sul letto grande della camera padronale. La luce del mattino filtrava dalle finestre affacciate a sudest. Susan teneva la testa sul suo petto nudo, col braccio attorno alla sua vita. Era gay, e allora? Era suo marito, e il padre delle sue due figlie. Lo amava. Avevano condiviso tantissimo insieme. E quello, la domenica mattina, era il loro momento di tranquillitГ .

Le ragazze, in quanto gemelle, stavano entrando negli anni dello stare alzate fino a tardi. Sarebbero rimaste a letto fino a mezzogiorno se Pierre e Susan glielo avessero permesso. Diamine, anche Susan sarebbe rimasta a letto, non fosse stato per il dovere. Quello del presidente degli Stati Uniti era un lavoro sette giorni su sette, con poche ore di pigrizia la domenica mattina.

“Sto pensando che sono felice,” disse. “Per la prima volta dal sei giugno, sono felice. È stato fantastico avervi qui. Proprio come ai vecchi tempi. E, con tutto quello che è successo, mi pare finalmente di riuscire a gestire questa cosa della presidenza. Non pensavo che ne sarei stata capace, ma invece è così.”

“Ti sei indurita,” disse Pierre. “Sei diventata più cattiva.”

“È un male?” disse.

Scosse la testa. “No, non è per niente un male. Sei maturata molto. Eri ancora una ragazza quand’eri vicepresidente.”

Susan annuì di fronte a quella verità. “Ero una ragazzetta.”

“Sicuro,” disse. “Ti ricordi di quando Mademoiselle ti ha fatto quell’articolo mentre facevi jogging con quei pantaloncini yoga arancione brillante? Molto sexy. Ma all’epoca eri la vicepresidente degli Stati Uniti. Sembrava un po’… informale, possiamo dire così?”

“È stato divertente fare la vicepresidente. Mi piaceva davvero un sacco.”

Lui annuì e rise. “Lo so. Ho visto.”

“Ma poi le cose sono cambiate.”

“Sì.”

“E non possiamo tornare indietro,” disse.

Abbassò lo sguardo su di lei. “Lo vorresti, se potessi?”

Lei ci pensò, ma solo per un secondo. “Se tutte quelle persone potessero essere ancora vive, quelle che hanno perso la vita a Mount Weather, rimetterei il lavoro a Thomas Hayes in un battito di ciglia. In caso contrario, no. Non tornerei indietro. Ho ancora un paio di anni prima di decidere se candidarmi per la rielezione. Mi pare che la gente stia cominciando a sostenermi, e se ottengo un altro mandato penso che faremo cose davvero fantastiche.”

Lui sollevò le sopracciglia. “Un altro mandato?”

Rise. “Ne parliamo un’altra volta.”

Allora suonГІ il telefono. Susan si allungГІ per prenderlo, sperando che fosse qualcosa di insignificante.

Non era mai qualcosa di insignificante.

Era il suo nuovo capo dello staff, Kat Lopez. Susan ne riconobbe la voce immediatamente. E, subito, non le piacque il suo tono.

“Susan?”

“Ciao, Kat. Lo sai che non sono neanche le otto di domenica, vero? Persino Dio ha riposato un giorno la settimana. Hai il permesso di farlo anche tu.”

Il tono di Kat era serio. In generale Kat non era altro che seria. Era una donna, era un’ispanica, e aveva lottato per arrivare in cima partendo da umili origini. Non era arrivata fin lì a suon di sorrisi. Susan pensava che fosse un peccato. Kat era super competente. Ma aveva anche un viso davvero molto carino. Non le avrebbe fatto male sorridere ogni tanto.

“Susan, una grossa diga si è rotta in una remota zona occidentale della Carolina del Nord. I nostri analisti dicono che potrebbe trattarsi di un attentato terroristico.”

Susan sentì la familiare accoltellata di terrore. Era una cosa di quel lavoro a cui non si sarebbe mai abituata. Era una cosa della sua nuova vita che non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico.

“Vittime?” disse.

Vide lo sguardo negli occhi di Pierre. Quello era il lavoro. Quello era l’incubo. Appena un minuto prima aveva spensieratamente preso in considerazione l’idea di candidarsi per un altro mandato.

“Sì,” disse Kat.

“Quante?”

“Nessuno lo sa, per il momento. Verosimilmente centinaia.”

Susan sentì l’aria uscirle dai polmoni come da una gomma appena squarciata.

“Susan, un gruppo si sta raccogliendo in questo momento in sala operativa.”

Susan annuì. “Scendo tra quindici minuti.”

Riappese. Pierre la stava fissando.

“Va male?” disse.

“Quand’è che non va male?”

“Okay,” disse. “Fa’ quello che devi. Io mi occupo delle ragazze.”

Susan era in piedi diretta alla doccia quasi prima che finisse di parlare.




CAPITOLO TRE


10:23

Perpendicular Trail, Southwest Harbor, parco nazionale di Acadia, Maine



“Come te la cavi, mostriciattolo?”

“Bene, papà.”

Luke Stone e suo figlio Gunner salivano lenti i ripidi gradini irregolari del sentiero. Era una mattinata umida, calda e che sarebbe diventata ancora piГ№ calda, e Luke era consapevole che Gunner aveva solo dieci anni. Affrontavano la montagna lentamente, e Luke si assicurava di fermarsi per pause frequenti e per bere.

Continuavano a salire attraverso l’enorme campo morenico. Le rocce massicce erano disposte in modo intricato per creare una scalinata tortuosa, quasi bizantina, come se un dio norreno dei fulmini fosse sceso dai cieli per intagliarle con le sue gigantesche mani. Luke sapeva che le rocce erano state piazzate lì da giovani disoccupati strappati alle città della East Coast dal Civilian Conservation Corps un’ottantina di anni prima, nelle profondità della grande depressione.

Ancora un po’ più su arrivarono su dei pioli di ferro imbullonati alla roccia. Salirono la scala, poi percorsero un tracciato a tornanti intagliato nel masso. Ben presto il sentiero tornò piano ed entrarono in una fitta foresta, prima di un’arrampicata finale fino al panorama della sommità. Uscirono dalla salita sulle rocce.

Proprio davanti a loro c’era un burrone scosceso, probabilmente profondo cinquanta piani, che si tuffava su un gran precipizio che arrivava al grande lago dove avevano parcheggiato. Più oltre il posto offriva una maestosa vista dell’oceano Atlantico, a forse cinque miglia di distanza.

“Che ne dici, mostriciattolo?”

Gunner era sudato per il caldo della giornata. Sedette su una roccia, si sfilò lo zaino e ne prese una bottiglia d’acqua. La sua t-shirt nera di Zombi era zuppa di sudore. Aveva i capelli biondi arruffati. Prese un sorso dalla bottiglia e la porse a Luke. Era un ragazzino sicuro di sé.

“È meravigliosa, papà. Mi piace davvero.”

“Voglio darti una cosa,” disse Luke. “Avevo deciso di aspettare finché non saremmo arrivati in cima alla montagna. Non so perché. Ho solo pensato che sarebbe stato un bel posto, questo.”

Gunner sembrava solo leggermente allarmato. Gli piaceva ricevere regali, ma, in termini generali, preferiva quelli che aveva chiesto lui.

Luke prese il dispositivo dalla tasca. Era solo un pezzettino di plastica nera, grande circa quanto una chiave elettronica. Non era granchГ© a vedersi. Avrebbe potuto essere il telecomando di un garage automatico.

“Che cos’è?” disse Gunner.

“È un’unità GPS. Vuol dire Global Positioning System.” Luke indicò il cielo. “Lassù, nello spazio, ci sono tutti quei satelliti…”

Gunner fece un mezzo sorriso. Scosse la testa. “Lo so cos’è un GPS, papà. La mamma ne ha uno nella macchina. È un bene, anche. Si perderebbe dietro l’angolo, senza. Perché me ne dai uno?”

“Vedi questo fermaglio che ha sul retro? Voglio che te lo assicuri allo zaino e che lo porti con te ovunque vai. Ho un’app sul cellulare programmata per tracciare questa unità. In questo modo, anche quando siamo lontani, saprò sempre dove sei.”

“Sei preoccupato per me?”

Luke scosse la testa. “No. Non sono preoccupato. Lo so che sai gestirti da solo. È solo che non ci vediamo molto ultimamente, e se basta guardare il telefono per vedere dove sei è quasi come essere lì con te.”

“Ma io non posso vedere dove sei tu,” disse Gunner. “Allora come faccio a sentirti vicino?”

Luke ficcò la mano in tasca e prese un’altra unità GPS, questa azzurro acceso. “Vedi questo? Lo metterò nel portachiavi. Quando torniamo all’hotel caricherò l’app nel tuo telefono, e poi potrai sempre sapere dove sono.”

Gunner sorrise. “Mi piace l’idea, papà. Ma lo sai che possiamo sempre mandarci dei messaggi. Tu li mandi i messaggi? So che molte persone della tua età non lo fanno.”

Adesso Luke sorrise. “Sì. Possiamo mandarci messaggi. Possiamo fare tutte e due le cose.”

Per Luke era una sensazione dolceamara stare con Gunner lassГ№. Luke era cresciuto senza un padre, e adesso Gunner stava facendo piГ№ o meno lo stesso. Il divorzio da Becca non era finalizzato, ma lo sarebbe stato. Luke non lavorava per il governo da due mesi, ma Becca era stata irremovibile: sarebbe andata fino in fondo lo stesso.

Nel frattempo Luke stava con Gunner due weekend al mese. Faceva tutto ciГІ che era in suo potere per assicurarsi che quei weekend fossero pieni zeppi di divertimento e avventura. Faceva anche tutto quello che poteva per rispondere alle domande di Gunner in modo imparziale perГІ ottimistico. Domande come questa:

“Pensi che potremo fare una cosa così con la mamma un giorno?”

Luke fissò il mare. Domande come questa gli facevano venire voglia di buttarsi giù dalla scogliera. “Spero di sì.”

Gunner si tirò su al minimo accenno di possibilità. “Quando?”

“Be’, devi capire che io e tua madre siamo un po’ in disaccordo al momento.”

“Non capisco,” disse Gunner. “Vi amate, no? E tu hai promesso di lasciare il lavoro, no? L’hai lasciato davvero?”

Luke annuì. “L’ho lasciato davvero.”

“Vedi, la mamma non ci crede.”

“Lo so.”

“Però se riesci a farglielo credere, allora…”

Luke aveva lasciato, vero. L’aveva lasciato ed era uscito completamente dai radar. Susan Hopkins aveva promesso di lasciarlo in pace, e aveva onorato la promessa. Lui non si faceva neanche sentire col suo vecchio gruppo dello Special Response Team.

La verità era che si stava godendo il tempo lontano dal lavoro. Era tornato all’essenziale. Aveva affittato un capanno sui monti Adirondack per due settimane e aveva trascorso quasi tutto il tempo cacciando selvaggina con l’arco e pescando. Si lavava tuffandosi dal molo che si trovava sul retro del capanno ogni mattina. Si era fatto crescere la barba.

Dopo aveva trascorso dieci giorni ai Caraibi a navigare a vela in solitaria per St. Vincent e Grenadine, fare snorkeling con le tartarughe marine, pastinache giganti e squali grigi, e immersioni in un paio di relitti di più di cent’anni.

Al termine di ogni giretto, si concedeva una giornata di ritorno a Washington, DC, e andava a prendere Gunner per la prossima avventura padre e figlio. Luke doveva ammettere che la pensione non gli dispiaceva. A un anno da lì, quando avrebbe finito i soldi, non sarebbe stato tutto così gradevole, ma per il momento non riusciva a pensare a niente di brutto da dire in proposito.

“Tu e la mamma vi siete separati per sempre?”

Luke rivelГІ un sottile tremolio nella voce di Gunner quando pose la domanda. Aveva capito, aveva capito sul serio. Gunner aveva paura. Luke si sedette sulle rocce con lui.

“Gunner, voglio tantissimo bene sia a te che alla mamma. La situazione è complicata, e la risolveremo meglio che possiamo.”

Non era necessariamente vero. Becca era fredda con Luke. Voleva divorziare. Voleva l’affidamento esclusivo di Gunner. Pensava che Luke fosse un pericolo per Gunner e per lei. Aveva praticamente minacciato di farsi dare un ordine restrittivo contro di lui. Si stava comportando in modo irragionevole, e veniva da una famiglia molto facoltosa. Poteva pagare per una lunga e amara battaglia legale per l’affidamento, se necessario.

“Vuoi stare con lei?”

“Sì. Certo che sì.” Era la prima bugia che Luke aveva detto a Gunner in quella conversazione. La verità era troppo dura da determinare. All’inizio sì. Però, a mano a mano che il tempo passava, e la posizione di Becca si induriva, ne era diventato meno sicuro.

“Allora perché non vieni a casa a dirglielo? Perché non le mandi delle rose o qualcosa del genere tutti i giorni?”

Era una buona domanda. Che non aveva una risposta semplice.

Nello zaino di Luke cominciò a squillare un telefono. Probabilmente era Becca, che voleva parlare con Gunner. Luke prese il telefonino satellitare che teneva sempre con sé. Era l’unico gesto per rimanere connesso che avesse fatto. Becca poteva sempre raggiungerlo. Ma non c’era solo lei. C’era un’altra persona sulla Terra che aveva accesso a quel numero.

GuardГІ chi stava chiamando. Era un numero che non riconobbe, prefisso 202. Washington, DC.

Gli crollГІ il cuore.

Era lei. L’altra persona.

“È la mamma?” disse Gunner.

“No.”

“È la presidente?”

Luke annuì. “Credo di sì.”

“Non pensi che sia meglio rispondere?” disse Gunner.

“Non lavoro più per lei,” disse Luke. “Te lo ricordi?”

Quella mattina, prima di partire per l’arrampicata, avevano guardato al notiziario il filmato del collasso della diga della Carolina del Nord. Più di cento decessi confermati, centinaia di dispersi. Un intero resort di montagna era stato distrutto da un muro d’acqua. Paesi a valle erano stati evacuati e protetti con sacchi di sabbia il più velocemente possibile, ma era probabile che ci fossero altre vittime.

La cosa incredibile era che una diga costruita nel 1943 si fosse semplicemente guastata dopo più di settant’anni di operatività quasi perfetta. A Luke puzzava di sabotaggio. Ma non riusciva a immaginare chi avrebbe voluto mirare a una diga in una zona così remota. Chi avrebbe anche solo saputo che c’era? Se di sabotaggio si trattava, probabilmente era una faccenda locale, un gruppo di milizie, o magari di ambientalisti, o magari addirittura un ex dipendente seccato che si era inventato uno scherzetto pericoloso e idiota che era andato malissimo, e con conseguenze tragiche. La polizia di stato del Bureau of Investigation della Carolina del Nord avrebbe probabilmente messo i cattivi sotto custodia entro la fine della giornata.

Però adesso il telefono suonava. Perciò magari c’era dell’altro.

“Papà, va tutto bene. Non voglio che lasci il lavoro, nemmeno se lo vuole la mamma.”

“Davvero? E se lo volessi lasciare io? Io non ho diritto di parola in merito?”

Gunner scosse la testa. “Non credo. Cioè, sono morte molte persone in quell’inondazione, no? E se io fossi stato tra di loro? E se io e la mamma fossimo morti tutti e due? Non vorresti che qualcuno capisse perché è successo?”

Il telefono continuava a squillare. Quando partì la segreteria, smise di squillare per pochi secondi, fece una pausa, e poi ricominciò. Volevano parlare con Luke, e non avrebbero lasciato messaggi.

Luke, pensando alle parole di Gunner, premette il pulsante verde sul telefono. “Stone.”

“La metto in attesa per la presidente degli Stati Uniti,” disse una voce maschile.

Ci fu un attimo di silenzio, e poi la voce di lei arrivГІ sulla linea. Sembrava piГ№ dura di prima, una persona piГ№ vecchia. Gli avvenimenti degli ultimi mesi avrebbero invecchiato chiunque.

“Luke?”

“Salve, Susan.”

“Luke, ho bisogno che lei venga qui per una riunione.”

“Si tratta del collasso della diga?”

“Sì.”

“Susan, sono in pensione, se lo ricorda?”

Lei abbassГІ la voce.

“Luke, la diga è stata hackerata. Sono morte centinaia di persone, e tutti gli indizi fanno pensare ai cinesi. Siamo sull’orlo della terza guerra mondiale.”

Luke a questo non sapeva come rispondere.

“A che ora arriverà?” chiese.

E lui seppe che non era una domanda.




CAPITOLO QUATTRO


18:15

Osservatorio navale degli Stati Uniti – Washington, DC



Luke viaggiava sul sedile posteriore del SUV nero che entrava nel vialetto circolare dell’imponente residenza timpanata bianca degli anni Cinquanta in stile Queen Anne che per diversi anni era stata la residenza ufficiale del vicepresidente. Da quando due mesi prima la Casa Bianca era andata distrutta, quel posto fungeva da Nuova Casa Bianca, il che funzionava a meraviglia dato che la presidente ci aveva vissuto per cinque anni prima di assumere il suo nuovo ruolo.

Nei due mesi in cui Luke era stato via, non aveva quasi mai pensato a quel posto, nГ© alla gente che lo abitava. Continuava a tenere con sГ© il telefono satellitare su richiesta della presidente, ma per le prime settimane aveva vissuto nel terrore di ricevere una telefonata. DopodichГ© si era persino quasi dimenticato di avere un telefono.

Una giovane donna lo accolse sul vialetto di fronte alla casa. Era una bruna, alta, molto carina. Indossava una pratica gonna nera e una giacca. Aveva i capelli raccolti all’indietro in una stretta crocchia. Aveva un tablet nella mano sinistra. Offrì a Luke l’altra mano. Aveva una stretta ferma, tutta affari.

“Agente Stone? Sono Kathryn Lopez, il capo dello staff di Susan.”

Luke fu preso un po’ alla sprovvista. “Reclutano capi dello staff fuori dalle scuole superiori ultimamente?”

“Molto gentile da parte sua,” disse. Aveva una voce sbrigativa, che gli diceva che aveva quel tono tutte le volte, e che nella maggior parte dei casi non era pensato per essere gentile. “Ho trentasette anni. Vivo a Washington da tredici anni, da quando ho preso la laurea magistrale. Ho lavorato per un deputato, due senatori e l’ex direttore della salute e dei servizi umani. Ho fatto un bel po’ di esperienza.”

“Okay,” disse Luke. “Non sono preoccupato per lei.”

Oltrepassarono le porte principali. All’interno si trovarono davanti a un posto di controllo con tre guardie armate e un metal detector. Luke rimosse la Glock nove millimetri dalla fondina a spalla e la posò sul nastro trasportatore. Si abbassò e si sfilò la piccola pistola da tasca e il coltello da caccia assicurati alle caviglie e posò anche questi sul nastro. Alla fine prese le chiavi dalla tasca e le buttò con le armi.

“Scusi,” disse. “Non ricordavo che ci fosse un posto di controllo qui.”

“Non c’era,” disse Kat Lopez. “C’è da qualche settimana appena. Sono venute sempre più persone a mano a mano che Susan ha ripreso i suoi compiti, e la sicurezza si è formalizzata.”

Luke ricordò. Quando c’era stato l’attentato e Thomas Hayes era morto, Susan era stata improvvisamente promossa alla presidenza. La Casa Bianca era stata distrutta quasi interamente, e tutto quanto – tutta l’organizzazione, tutta la logistica – aveva preso una piega ad hoc, quasi disperata. Erano stati giorni folli. Era contento del riposo che aveva avuto dopo. Era un po’ sorprendente che Susan non ne avesse avuto per niente.

Dopo che le guardie ebbero messo da parte Luke e lo ebbero perquisito ancora e passato rapidamente con la sonda del metal-detector, lui e il capo dello staff proseguirono.

Il posto fremeva di attività. L’atrio era pieno di persone in giacca e cravatta, gente in uniformi militari, gente con le maniche arrotolate, gente che camminava veloce per i corridoi trascinandosi dietro stormi di assistenti. Una cosa fu ovvia subito – c’erano molte più donne di prima.

“Cos’è successo all’ultimo?” disse Luke. “Era il capo dello staff di Susan. Richard…”

Kat Lopez annuì. “Sì, Richard Monk. Be’, dopo l’incidente con l’Ebola, sia lui che Susan sono stati d’accordo che per lui fosse un buon momento per procedere oltre. Ma anche se è fuori di qui, è caduto in piedi. Lavora come capo dello staff del nuovo deputato degli Stati Uniti per il Delaware, Paul Chipman.”

Luke sapeva che c’erano deputati e senatori in entrata dai trentanove stati per rimpiazzare quelli persi nell’attentato a Mount Weather. Era una bufera di gente che saliva dai livelli inferiori, o che tornava dal pensionamento. Diversi erano gli ex governatori rinominati con un’etica questionabile e clientelismo di lunga data. C’erano mani unte di mazzette da tutte la parti.

Sorrise. “Richard è passato dal lavorare direttamente per la presidente a lavorare con un primino del secondo più piccolo stato dell’unione? E lei questo lo chiama cadere in piedi? Pare che sia caduto di testa.”

“No comment,” disse Kat, e quasi sorrise. Era la cosa più vicina all’umanità che gli avesse donato, finora. Lo condusse attraverso la folla fino a una porta doppia alla fine del corridoio. Luke conosceva già quel posto. Quando Susan era vicepresidente, la grande stanza luminosa era stata la sua sala conferenze. Nei giorni successivi al giuramento si era rapidamente trasformata al volo in una sala operativa.

Era stata anche formalizzata così. Delle pareti modulari che percorrevano la lunghezza della stanza coprivano le vecchie finestre. Giganteschi schermi video piatti erano stati montati a intervalli di un metro e mezzo. Era stato portato un tavolo conferenze in quercia più grande, e sul muro dietro al posto d’onore c’era lo stemma del presidente. C’erano circa due dozzine di persone dentro quando entrarono Luke e Kat, una dozzina alla tavola e altre in sedie poste lungo le pareti.

Il cambio di genere era evidente anche qui. Luke ricordava di essere stato lì per aggiornamenti sulla sparizione del campione di virus Ebola due mesi prima. Delle trenta persone che c’erano all’epoca nella stanza, Susan poteva essere l’unica donna. Ventinove uomini, la metà dei quali grossi e massicci, e una piccola donna.

Adesso forse la metГ  delle persone erano donne.

Susan si sollevò dal posto a capotavola quando Luke entrò. Era diversa, pure. Più dura, forse. Più magra di prima. Era stata una modella in passato, e aveva mantenuto la pienezza infantile delle guance fino alla mezza età. Adesso se n’era andata, e lei sembrava aver sviluppato le zampe di gallina attorno agli occhi quasi da un giorno all’altro. Gli occhi brillanti stessi sembravano più concentrati, come raggi laser. Aveva trascorso tutta la vita come la più bella donna della stanza – per la fine della presidenza, forse non sarebbe più stato così.

“Agente Stone,” disse. “Sono contenta che abbia potuto unirsi a noi.”

Sorrise. “Signora presidente. Prego. Mi chiami Luke.”

Lei non gli ritornò il sorriso. “Grazie di essere venuto.”

In piedi davanti a uno dei grandi schermi c’era Kurt Kimball, il consigliere per la sicurezza nazionale di Susan. Luke lo aveva già incontrato una volta. Era alto, con le spalle larghe. Aveva la testa assolutamente calva.

Kimball gli offrì una stretta di mano. Se la stretta di Kat Lopez era stata ferma, quella di Kurt Kimball fu di granito. “Luke, è bello rivederla.”

“Kurt, altrettanto.”

L’atmosfera era tesa. Quelle persone non avevano trascorso gli ultimi due mesi a fare campeggio e a navigare. Anche fosse, Luke aveva preso un aereo per andare lì dal Maine immediatamente, e aveva scaricato il figlio dalla sua rabbiosa futura ex moglie, che vedeva tutto ciò come una conferma delle ragioni per cui stava divorziando. Si sarebbe potuto pensare che gli avrebbero offerto un po’ più di calore.

Decise di seguire la corrente. Centinaia di persone erano morte quella mattina, e le persone in quella stanza, almeno, pensavano che si trattasse di un attentato terroristico.

“Cominciamo?” disse.

“Si sieda, prego,” disse Kimball.

Era apparso miracolosamente un posto alla destra di Susan, e Luke sedette.

Sullo schermo apparve la foto di una grande diga. Grande non era la parola giusta. Immensa era più corretta. Di fronte alla diga c’era un edificio di sei piani, il centro di controllo, con sotto sei saracinesche parzialmente aperte. L’edificio era sovrastato dalla diga che sorgeva alle sue spalle. Sull’orlo c’era una stazione di energia idroelettrica con file e file di trasformatori.

“Luke, questa è la diga di Black Rock,” disse Kurt Kimball. “È alta approssimativamente cinquanta piani e contiene il lago di Black Rock, che è lungo sedici miglia, profondo centoventidue metri, e a ogni dato momento contiene circa duecentottantatremila metri cubi di acqua. Come probabilmente ha visto ai notiziari, appena dopo le sette di questa mattina le sei saracinesche che ha visto sul fondo si sono aperte completamente, e sono rimaste bloccate così per tre ore e mezza, finché i tecnici non sono riusciti a scollegarle dal sistema del computer che le attiva per chiuderle manualmente.”

Kimball usГІ un puntatore laser per indicare le saracinesche.

“Se guarda le saracinesche in relazione all’edificio, vedrà che sono piuttosto grandi. Ciascuna è alta dieci metri, il che significa che sono stati rilasciati in una volta sola sei getti di acqua di tre piani di altezza. La pressione dell’acqua del lago Black Rock ha mandato l’inondazione a valle a una velocità approssimativa di venti miglia all’ora, il che non sembra granché finché non ci si sta di fronte. Fino a questa mattina il Black Rock Resort si ergeva a tre miglia a sud della diga. Il resort era fatto quasi interamente di legno. L’iniziale muro d’acqua l’ha completamente distrutto e, per quel che ne sappiamo, i soli sopravvissuti sono una manciata di persone che erano partite presto per salire fino in cima alla diga, o per fare un giro in auto sulle strade panoramiche della zona.”

“Quante persone c’erano al resort?” disse Luke.

“C’erano duecentoottantuno ospiti registrati nel sistema di prenotazioni on line. Forse una ventina ha lasciato il resort prima dell’inondazione, o non ci è mai arrivato per una ragione o per un’altra. Tutti gli altri sono stati spazzati via e vengono dati per morti. Insieme ad altri disastri avvenuti a valle, ci vorranno molti giorni prima di avere un conteggio abbastanza accurato dei corpi.”

Luke ebbe quella strana sensazione familiare. Tornava come una vecchia amica, un’amica che non vedevi da un po’ e che speravi di non vedere più. Arrivava come una nausea in fondo allo stomaco. Era la morte, la morte di persone innocenti, che si facevano gli affari loro. Luke aveva avuto a che fare con questa roba per troppo tempo.

“Qualcuno ha cercato di avvertirli?” disse.

Kimball annuì. “Gli impiegati del centro di controllo della diga hanno chiamato il resort al telefono non appena si sono accorti che le saracinesche erano aperte, ma apparentemente l’inondazione li aveva già raggiunti quando sono riusciti a mettersi in contatto con qualcuno. Qualcuno ha risposto, ma la conversazione è finita quasi immediatamente.”

“Gesù. E quali sono i disastri a valle a cui ha accennato?”

Sullo schermo apparve una mappa. Mostrava il lago, la diga, il resort e i paesi vicini. Kimball indicò una città. “La città di Sargent si trova a sedici miglia a sud del resort. È un paese di duemilatrecento persone, e un portale per i visitatori del parco nazionale. Per la maggior parte Sargent è situata su una collinetta, e la cittadina è stata avvertita un po’ meglio del resort. Sono stati avvertiti a sufficienza, in effetti, perché partissero le sirene di emergenza prima dell’arrivo dell’inondazione. Con sedici miglia in più da percorrere, l’acqua a Sargent ha colpito con meno forza, e molte case e edifici hanno resistito alla forza iniziale dell’inondazione e non sono stati distrutti. Alcune case a bassa quota comunque sono state sommerse rapidamente. Più di quattrocento persone di Sargent sono momentaneamente disperse e presunte morte.”

Luke fissò lo schermo mentre il puntatore laser di Kimball cadeva sulle cittadine di Sapphire, Greenwood e Kent, ciascuna in qualche modo più distante dalla diga della precedente, e ciascuna sul sito di un disastro di suo. La scala era devastante, e anche se le saracinesche erano state chiuse l’inondazione avrebbe continuato a spingersi a sud e giù a valle per molti dei giorni seguenti. Due dozzine di città erano state evacuate, ma erano praticamente garantite altre vittime. Alcune persone in zone remote non erano scappate, o non ci erano riuscite.

“E lei pensa che siano stati degli hacker? Com’è possibile?”

Kimball guardò per la stanza. “Tutti qui sono autorizzati a sentire il seguito? Può per cortesia uscire chiunque non abbia l’autorizzazione?”

Per la stanza si sparse un basso mormorare, ma nessuno si mosse. “Okay, presumo allora che tutti abbiano il diritto di stare qui. In caso contrario, saranno cazzi vostri. Ricordatevelo.”

TornГІ a voltarsi verso Luke.

“La diga è stata costruita nel 1943 per creare l’elettricità così necessaria durante la guerra. È stata costruita ed è rimasta operativa fino a oggi sotto la Tennessee Valley Authority. Per la maggior parte della sua vita, le saracinesche venivano azionate da controlli meno sofisticati del telecomando del garage. Una ventina d’anni fa la TVA ha cominciato a cercare modi per risparmiare soldi automatizzando le loro dighe. I centri di controllo delle vecchie dighe idroelettriche sono incredibilmente inefficienti rispetto agli standard moderni. Fondamentalmente si mettono lì persone ventiquattr’ore su ventiquattro, e il loro lavoro consiste nel leggere e scrivere registri e di tanto in tanto nell’aprire e chiudere gli sfioratori. Le saracinesche non vengono aperte quasi mai.

“La TVA stava pensando di poter aggregare dieci o venti centri di controllo di dighe diverse in uno solo, centralizzato. Perciò hanno aggiornato retroattivamente molte dighe con software che possono essere azionati da remoto. La Black Rock era una di quelle. Stiamo parlando di un software semplicissimo – sì vuol dire aprire le saracinesche, no vuol dire chiuderle. Per una ragione o per un’altra, non hanno mai creato il centro di controllo centralizzato, però hanno creato il software connesso a internet, nel caso in cui avessero deciso di farlo. L’ultima goccia, per così dire, è che la scienza del criptaggio all’epoca esisteva appena, e il software non è mai stato aggiornato dalla sua installazione.”

Luke lo fissГІ, sconvolto.

“Sta scherzando.”

Scosse la testa.

“Era facile dirottare il sistema. È solo che nessuno aveva mai pensato di farlo, prima. Quale terrorista saprebbe dell’esistenza di quella diga? È in un angolo remoto di uno stato rurale. Non si prendono tanti punti visibilità con un attentato a Sargent, Carolina del Nord. Però, come abbiamo scoperto, le conseguenze sono devastanti come se avessero attaccato Chicago.”

Susan parlò per la prima volta durante la presentazione di Kimball. “E la cosa peggiore è che ci sono centinaia di dighe come quella per tutti gli Stati Uniti. La verità è che non sappiamo neanche quante ce ne siano, né quante di esse siano vulnerabili.”

“E perché pensiamo che siano stati i cinesi?” disse Luke.

“I nostri hacker della National Security Agency hanno tracciato l’infiltrazione fino a giungere a una serie di indirizzi IP della Cina settentrionale. E abbiamo tracciato comunicazioni con quegli indirizzi fino a un account internet in un motel di Asheville, Carolina del Nord, sessanta miglia a est dalla diga di Black Rock. Le comunicazioni hanno avuto luogo nelle quarantotto ore precedenti l’attentato. Una squadra SWAT del Bureau of Alcohol, Tobacco, and Firearms opera in quella regione, saccheggiando distillerie e birrifici privi di licenza. La squadra è stata deviata al motel, ha fatto irruzione nella stanza in questione e ha arrestato un uomo di nazionalità cinese di trentadue anni di nome Li Quiangguo.”

Sullo schermo apparve l’immagine di un cinese condotto fuori da un vago e piccolo motel da un gruppo di alti e grossi agenti dell’ATF. Apparve un’altra immagine dello stesso uomo in piedi su una stretta carreggiata dall’altra parte del lago. Si trovava di fronte a una targa storica che diceva Diga di Black Rock – 1943 con sotto un paio di paragrafi di descrizione.

“Anche se possiede i documenti di viaggio, incluso il passaporto, a nome suo, non crediamo che questo sia il vero nome dell’uomo. Come sapete la sequenza dei nomi in Cina è invertita – viene prima il cognome, seguito dal nome di battesimo. Li è uno dei più comuni cognomi cinesi, praticamente un nome generico, simile a Smith negli Stati Uniti. E Quiangguo in cinese mandarino significa nazione forte. Era un nome con connotazioni militaristiche molto comune dopo la rivoluzione cinese, ma caduto in disgrazia probabilmente quarant’anni fa. Inoltre Li è stato trovato in possesso di un’arma, così come di una piccola fiala di pillole di cianuro. Crediamo che sia un agente governativo cinese che opera sotto pseudonimo che avrebbe dovuto uccidersi se fosse stato a rischio di cattura.”

“Allora ha avuto paura,” disse Luke.

“Quello, oppure non ha preso le pillole in tempo.”

Luke scosse la testa. “Dopo un’operazione del genere, un agente disposto a uccidersi avrebbe tenuto la bottiglietta di pillole in mano, o se la sarebbe tenuta in tasca, ventiquattr’ore al giorno. Cos’erano le comunicazioni?”

“Erano una serie di email criptate. Non le abbiamo ancora decriptate, e potrebbero volerci settimane. È un codice che all’NSA non hanno mai visto. Molto complesso, molto duro da smontare. Perciò, al momento, non abbiamo idea di quale sia il contenuto delle email.”

“Il cinese parla?” disse Luke.

Kimball scosse la testa. “Lo tengono in una cella al centro di detenzione dell’ente federale per la gestione delle emergenze nel nord della Georgia, a circa novanta miglia a sudest dal luogo dell’attentato. Insiste nel dire di essere un semplice turista che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.”

“È per questo che abbiamo chiamato lei,” disse Susan. “Vorremmo che ci facesse una chiacchierata. Abbiamo pensato che con lei potrebbe parlare.”

“Una chiacchierata,” disse Luke.

Susan si strinse nelle spalle. “Sì.”

“Farlo parlare?”

“Sì.”

“Per quello probabilmente avrò bisogno di avere la mia squadra con me,” disse Luke.

PassГІ uno sguardo tra Susan, Kurt Kimball e Kat Lopez.

“Forse faremmo meglio a discuterne in privato,” disse Kimball.



*



“Okay, Susan, allora, questa è la parte in cui lei mi dice di nuovo che lo Special Response Team è stato sciolto, giusto?”

“Luke…” cominciò lei.

Sedevano di sopra nello studio di Susan. Lo studio era proprio come se lo ricordava Luke. Un’ampia stanza rettangolare con pavimenti in legno massiccio e un tappeto bianco nel mezzo. Il tappeto fungeva da punto focale per una zona relax con grandi e comode sedie con spalliere dritte e un tavolo da caffè.

Su un’intera parete dello studio c’era una libreria che andava dal soffitto al pavimento. La libreria ricordava a Luke Il grande Gatsby.

E poi c’erano le finestre. Delle gigantesche e graziose finestre che andavano dal pavimento al soffitto che fornivano un ampio panorama dei giardini in discesa dell’osservatorio navale. Le finestre si affacciavano a sudovest e lasciavano entrare la luce pomeridiana. La luce era del tipo che un grande artista avrebbe cercato di catturare.

Le giornate si stavano chiaramente accorciando. Anche se non erano neanche le diciannove, la luce del sole della sera filtrava dalle sue finestre. La giornata stava già finendo. Luke ripensò brevemente all’interazione avuta con Becca quando le aveva lasciato Gunner. Scacciò l’immagine. Era troppo a cui pensare.

Sedeva di fronte alla presidente, al tavolo da caffГЁ. Kurt Kimball sedeva accanto a entrambi. Kat Lopez se ne stava in piedi, dietro e alla destra di Susan.

“Sì,” disse Susan. “Non esiste più lo Special Response Team. La maggior parte dell’ex staff è stato assorbito in altri ruoli all’interno dell’FBI. A questo punto sarebbe piuttosto difficile ricostruire ciò che lei considera il suo team.”

“Susan,” disse Luke. “Vorrei ricordarle che mi sta chiedendo di lasciare di nuovo il pensionamento. Lo sa che cosa ho fatto negli ultimi due mesi? Glielo dirò. Campeggio, pesca, camminate, vela. Un po’ di caccia. Un po’ di immersioni.” Si massaggiò la barba. “Dormire fino a tardi.”

“Quindi è in forma per il lavoro,” disse Kurt Kimball.

Luke scosse la testa. “Sono arrugginito. Mi serve la mia squadra. Mi fido di loro. Non posso proprio funzionare senza di loro.”

“Luke, se fosse rimasto in giro invece di sparire, magari saremmo riusciti a ritagliarle una piccola agenzia…”

“Stavo cercando di salvare il mio matrimonio,” disse.

Susan lo fissò. “Com’è andata?”

Lui scosse appena la testa. “Non benissimo, finora.”

“Mi dispiace sentirlo.”

“Dispiace anche a me.”

Susan si guardò oltre le spalle. “Kat, possiamo conoscere lo stato dei membri dell’ex squadra di Luke?”

Kat Lopez abbassò lo sguardo sul tablet che teneva in mano. “Certo. È abbastanza facile. Mark Swann ha lasciato l’FBI per un lavoro con la National Security Agency. Lavora al loro quartier generale qui, nella periferia di Washington DC. È qui da tre settimane e mezzo. Si sposta nel loro sistema di classificazione, e dovrebbe cominciare a lavorare sul progetto data mining PRISM nel giro di un altro mese.

“Edward Newsam è ancora nell’FBI. È stato in malattia per la maggior parte di giugno e luglio. La riabilitazione dell’anca è completa, ed è stato riassegnato all’Hostage Rescue Team. Attualmente è in addestramento a Quantico per un possibile lavoro di intelligence oltremare che dovrebbe iniziare nel corso di quest’anno. C’è un appunto sul suo file che dice che il suo stato di impiego verrà probabilmente secretato nelle settimane a venire, a quel punto sarà necessaria un’autorizzazione Top Secret per conoscere il suo status o sapere dove si trova.”

Luke annuì. Nessuno dei due era una sorpresa. Swann e Newsam erano tra i migliori in quello che facevano. “Possiamo prenderli in prestito?” disse.

Kat Lopez annuì. “Con ogni probabilità, se li richiediamo le agenzie onoreranno la nostra richiesta.”

“E Trudy?” disse Luke. “Mi serve anche lei.”

“Luke, Trudy Wellington è in prigione,” disse Susan.

Luke sentì lo stomaco crollare a quelle parole. Fissò il vuoto per cinque secondi buoni, cercando di assimilare le parole.

“Cosa?” disse alla fine.

Susan scosse la testa.

“Non ci credo che lei non lo sappia. Che ha fatto, si è nascosto sotto a una roccia? Non li legge i giornali?”

Lui si strinse nelle spalle. “Gliel’ho detto che cosa stavo facendo. Mi sono tenuto fuori dai radar. Non vendono giornali dov’ero, e ho lasciato il computer a casa.”

Kat Lopez lesse dal tablet. La sua voce era automatica, quasi robotica. Si era distaccata da quello che stava dicendo.

“Trudy Wellington, trent’anni, è stata l’amante di Don Morris per almeno un anno durante la pianificazione degli attentati del sei giugno. I tabulati di email, telefono, messaggi e computer indicano che fin da marzo era a conoscenza del fatto che esistesse un piano per assassinare sia il presidente che la vicepresidente degli Stati Uniti, e che era a conoscenza di chi erano i cospiratori, o almeno di alcuni di essi. È stata incriminata per tradimento, cospirazione per commettere tradimento, più di trecento capi d’accusa di cospirazione per commettere omicidio e di un mucchio di altri reati. È detenuta senza cauzione alla prigione femminile federale di Randal, Maryland. Se condannata per le accuse sporte contro di lei, rischierà di scontare, per cominciare, diverse sentenze a vita, fino ad arrivare alla pena di morte.”

Luke si passò una mano tra i capelli. La notizia lo colpì come un pugno alla testa. Pensò a Trudy, se la immaginò con addosso i suoi buffi occhiali rossi, gli occhi a sbirciare oltre il tablet. Pensò a com’era quella notte in cui era andato al suo appartamento alle tre del mattino, quando aveva aperto la porta con nulla addosso tranne una lunga e inconsistente t-shirt, una pistola in mano. Pensò a loro due, e ai loro corpi, insieme quella notte.

Era in prigione? Non poteva essere vero.

“Trudy Wellington rischia la pena di morte?” disse.

“In poche parole, sì.”

“Fondamentalmente perché non ha consegnato Don?”

Susan scosse la testa. “È tradimento, a prescindere da come lei voglia rigirarla. Sono morte molte persone, incluso Thomas Hayes, che era sia il presidente degli Stati Uniti che un mio amico personale. Wellington avrebbe probabilmente potuto evitarlo, e ha scelto di non farlo. Ha scelto di non provarci neanche. Praticamente l’unico modo in cui può salvarsi a questo punto è testimoniare contro i cospiratori.”

“Ho difficoltà a credere che lo sapesse,” disse Luke. “Ha confessato?”

“Nega tutto,” disse Kat Lopez.

“Tenderei a crederle,” disse Luke.

Kat allungò il tablet. “Ci sono sulle duecento pagine di prove. Abbiamo accesso alla maggior parte di esse, che può visionare. Potrebbe pensarla un pochino diversamente, dopo averlo fatto.”

Luke scosse la testa. Guardò Susan. “Allora così a che punto siamo?”

Si strinse nelle spalle. “Può avere Mark Swann e Ed Newsam per un paio di giorni, se le pare di averne bisogno. Ma non può avere Trudy Wellington.”

Lo guardГІ.

“E il suo elicottero parte tra meno di un’ora.”




CAPITOLO CINQUE


16 agosto

7:15

Diga di Black Rock, Great Smoky Mountains, Carolina del Nord



Dal finestrino di Luke nulla sembrava fuori dall’ordinario mentre l’elicottero nero lucido volava basso sulla diga. Avevano superato il lago Black Rock, che era lungo, ondulato e pittoresco, confinante su tutti i lati con i versanti verde intenso, selvaggi e scoscesi delle colline. Una stretta carreggiata attraversava la cima della diga. La superarono, e la diga stessa si perse cinquanta piani più giù verso la centrale elettrica e le saracinesche. Queste sembravano operare normalmente, ne usciva da sotto un piccolo gocciolio di acqua. Circa un quarto di miglio di trasformatori di elettricità, una ragnatela di torri di acciaio e cavi dell’alta tensione, si diramava dalla diga. Sembravano intatti.

“Non c’è granché da vedere,” disse nelle cuffie.

Alla sua sinistra c’era il grosso Ed Newsam, che fissava fuori dal finestrino sul lato opposto. L’anca rotta di Ed era stata aggiustata, e sembrava che si fosse dato da fare in sala pesi. Le sue braccia da pitone erano più gonfie di quanto ricordasse Luke, il petto e le spalle erano ancora più larghi, le gambe ancor più simili a querce. Indossava i jeans, stivali da lavoro e una semplice t-shirt azzurra.

Nella fila dietro di loro c’era Mark Swann. Era lungo e snello, le gambe fasciate dai blue jeans sporgevano nella corsia, le sneakers Chuck Taylor a motivo a scacchi si incrociavano all’altezza delle caviglie di fronte a Luke. I capelli biondo rossiccio erano più lunghi di prima, ora legati in una coda di cavallo, e aveva sostituito gli occhiali da aviatore con quelli rotondi alla John Lennon nel corso degli ultimi due mesi. Indossava una t-shirt nera con il logo del gruppo punk rock dei Ramones. Gli uffici dell’NSA dovevano dare un bello spettacolino di moda.

“Le acque escono dalle saracinesche proprio come dovrebbero fare,” disse il pilota dell’elicottero. Era un uomo di mezz’età che indossava una giacca nera di nylon con le lettere maiuscole FEMA scritte in bianco sulla schiena. “Non ci sono stati danni né alla diga né alle strutture della diga, e non ci sono state vittime tra il personale. L’unica cosa che è successa qui è che la strada di accesso è stata spazzata via. L’azione vera comincia circa tre miglia a sud.”

Avevano volato su un jet dei servizi segreti da Washington DC fino a un piccolo aeroporto municipale sull’orlo del parco nazionale. Erano arrivati appena prima dell’alba, e questo elicottero li stava aspettando. Non avevano parlato molto durante il viaggio. L’umore era tetro, date le circostanze, e normalmente avrebbe parlato più che altro Trudy Wellington, in quanto agente addetta alle informazioni. Susan aveva offerto a Luke un altro agente, ma Luke aveva rifiutato. Stavano andando lì per lavorarsi un prigioniero, comunque. Poteva darle lui, tutte le informazioni di cui avevano bisogno.

Luke percepì che sentivano tutti la mancanza di Trudy e una certa dose di shock per la sua situazione. Percepì anche, o così pensò, che entrambi i ragazzi fossero andati avanti con le loro vite. Nuovi compiti, nuovo addestramento, nuovi compagni di squadra e nuovi colleghi, nuove sfide a cui guardare. Molto poteva cambiare in due mesi.

Lo Special Response Team non c’era più. Luke avrebbe potuto scegliere di salvarlo in una forma o in un’altra – dopo il tentato colpo di stato e l’attentato col virus Ebola poteva dettare lui le regole e riprenderseli tutti con sé – ma invece aveva scelto di non farlo. Adesso l’SRT era roba vecchia, e così era Luke. Era andato in pensione, e quella era una cosa. Ma era anche scomparso, e non aveva fatto molti sforzi per mantenere i contatti. La coesione di squadra era una grossa parte del lavoro dell’intelligence e delle operazioni speciali. Senza contatto non c’era coesione.

Il che significava che, in quel momento, non c’era squadra.

L’elicottero si inclinò e puntò a sud. Quasi immediatamente la devastazione fu chiara. L’intera area sotto la diga era inondata. Grossi alberi erano stati sradicati dappertutto ed erano stati sbattuti qua e là come stecchi di fiammiferi. In pochi minuti raggiunsero il sito dell’ex resort Black Rock. Parti del piano superiore dell’edificio principale erano ancora intatte, a ergersi sopra le acque. Delle automobili erano accatastate contro l’hotel distrutto, insieme ad altri alberi, alcuni dei quali si allungavano al di sopra dell’acqua in braccia puntate al cielo, come religiosi convertiti che implorano Dio di un miracolo.

L’effetto delle auto e degli alberi e delle varie pile di detriti galleggianti era la costruzione di una mini diga, dietro la quale si era formato un ampio lago. C’erano circa una dozzina di Zodiac parcheggiate sul lago, con squadre di sommozzatori in piena mise da immersione che si preparavano a tuffarsi o a scavalcare, a seconda della barca.

“Hanno trovato sopravvissuti qui?” disse Luke.

Il pilota scosse la testa. “Neanche uno. Almeno così hanno detto stamattina. Hanno trovato un centinaio di corpi nella caffetteria del resort, però. Li stanno portando su uno a uno. Penso che non abbiano ancora cominciato l’ispezione stanza per stanza. Potrebbero addirittura aspettare che l’acqua si ritiri prima di farlo. Spostarsi tra i corridoi sott’acqua è un lavoro pericoloso, e probabilmente inutile. Non c’è nessuno di vivo là sotto.”

Ed Newsam, che se n’era rimasto spaparanzato col suo solito modo spensierato, si mosse sul sedile e si mise appena un po’ più dritto. “Come lo sai, bello? Potrebbero esserci delle sacche d’aria sotto quell’acqua. Laggiù potrebbe esserci della gente che tiene duro per i soccorsi.”

“Hanno un equipaggiamento per l’ascolto subacqueo su quelle barche,” disse il pilota. “Se c’è qualcuno di vivo sotto a quell’acqua, non ha fiatato per tutto ieri e per tutta stanotte.”

“Anche così, se a capo ci sono io faccio passare ai miei migliori sommozzatori stanza per stanza subito. Sappiamo già che la gente della caffetteria è morta. E i sommozzatori ci hanno messo una firma, sul pericolo. I civili no.”

Il pilota fece spallucce. “Be’, figliolo, lavorano più veloce che possono.”

L’elicottero andò ancora più a sud. L’inondazione si era ritagliata un passaggio attraverso la valle, scavando un sentiero attraverso il bosco. Sembrava che un gigante si fosse aperto a forza una via. C’era acqua ovunque. Ovunque fosse il letto originale del fiume, era perso sotto tutta quell’acqua.

Superarono la città di Sargent, ancora più di un metro sotto l’acqua. La devastazione lì non era totale come prima. C’erano un sacco di punti vuoti dove Luke presunse dovessero esserci state delle case, ma altre case, edifici e insegne di fast food spuntavano dall’acqua come dita. L’elicottero sorvolò un edificio in calcestruzzo con una catasta di macchine e SUV impilata contro di esso. AUTO DI SECONDA MANO DI ABE L’ONESTO, diceva un’insegna ficcata per metà nell’acqua. Una delle travi di supporto era collassata.

“Quanti morti qui?” disse Luke.

“Cinquecento,” disse il pilota. “Più gli spiccioli. Altri cento o più i dispersi. Era mattina presto, e non c’è stato un gran preavviso. Molta gente è stata spazzata via in casa. Dormi nel tuo letto e l’allarme antiaereo della guerra fredda parte e tu che fai? Alcuni pare che siano andati di sotto nei seminterrati. Non c’è nessun posto dove andare quando arriva un’inondazione.”

“Nessuno si aspettava che la diga si rompesse?” disse Swann. Era la prima cosa che diceva da quando erano saliti in elicottero.

Il pilota era impegnato con i controlli. “Perché avrebbero dovuto? La diga non si è rotta. Quella diga è stata costruita per durare mille anni.”

“Okay,” disse Luke. “Ho visto abbastanza. Andiamo a parlare col prigioniero.”



*



8:30

Foresta nazionale di Chattahoochee, Georgia



Il campo apparve fuori dalla profonda foresta come una specie di strano miraggio.

“Carino, eh,” disse Ed Newsam.

Si trovava su una perfetta piazzola, un miglio per un miglio, un quadrato marrone e grigio tra tutto il verde scuro. Mentre l’elicottero si avvicinava Luke riuscì a scorgere decine di baracche, file e file di esse, e un’ampia cisterna quadrata di acqua al centro del campo. Dei fabbricati annessi circondavano la cisterna, e una passerella d’acciaio la attraversava.

L’elicottero cominciò la discesa, e Luke vide l’eliporto avvicinarsi. Si trovava in una zona nell’angolo occidentale del campo, con alcuni grossi edifici dell’amministrazione, una piscina e un paio di parcheggi. Adesso riuscì a vedere chiaramente i cortili di cemento, una strada d’accesso, delle vie all’interno dell’accampamento, e un muro sovrastato da filo spinato e torrette di guardia attorno al perimetro. Quel luogo era una ferita aperta nel mezzo della foresta circostante.

“Cos’è questo posto?” disse Luke nelle cuffie.

Il pilota dell’elicottero era impegnato ai comandi, ma non tanto da non parlare. “Ho sentito dire che lo chiamano Campo Enduring Freedom,” disse. “La gente di qui tende a chiamarlo Campo Nulla. È uno dei nostri. Ente federale per la gestione delle emergenze. Non si trova su nessuna mappa. Immagino che non abbia un nome ufficiale.”

“Esiste?” disse Luke.

L’elicottero adesso volava basso, i foschi edifici grigi del campo si innalzavano attorno a loro. Luke notò del vetro rinforzato da cavi d’acciaio sugli edifici più vicini.

Il pilota scosse la testa. “Che cosa esiste? Questa è una landa selvaggia e disabitata. Non c’è niente qua fuori per quanto ne so.”

Un segnalatore con una canotta gialla addosso e una bacchetta arancione brillante in mano era a lato dell’eliporto e guidava il pilota nell’atterraggio. Il pilota posò quell’uccellaccio perfettamente nel mezzo dell’eliporto. Spense il motore e le pale cominciarono subito a rallentare. Ci fu un gemito quando si spensero.

“Quando vedete quel cinese,” disse il pilota, “dategli un paio di colpi da parte mia.”

“Non facciamo queste cose,” disse Luke.

Il pilota si voltò e sorrise. “Certo che no. Figliolo, trasporto gente dentro e fuori da posti così continuamente. Capisco chi fa cosa solo con un’occhiata, credimi. Un’occhiatina a voialtri e so che hanno deciso di alzare il riscaldamento di un paio di tacche.”

Lui, Swann e Ed uscirono dall’elicottero a teste chine. Un uomo li stava già aspettando sulla pista per accoglierli. Indossava un completo grigio e una cravatta azzurra. Aveva i capelli scompigliati dalle lente pale dell’elicottero. Il tessuto del vestito increspato. Le scarpe nere erano lucidate fino a scintillare. Sembrava che fosse appena sceso da un treno per pendolari di Manhattan. Era più fuori posto lì di quanto un uomo avrebbe mai potuto essere.

A mano a mano che Luke si avvicinava, il viso dell’uomo prese forma. Sembrava senza età – non vecchio, non giovane, nel mezzo da qualche parte. Allungò una mano. Luke gliela strinse.

“Agente Stone? Io sono Pete Winn. Mi hanno detto che l’ha mandata la presidente. Grazie di essere venuto a trovarci.”

“Grazie, Pete. Chiamami Luke, per favore.”

Luke, Ed e Swann seguirono Pete Winn lontano dall’elicottero verso un riparo di lamiera ondulata di alluminio sul margine dell’eliporto. Persino l’eliporto era circondato da una recinzione spinata. L’unico modo per entrarne o uscirne era passare attraverso quell’edificio. Le porte erano azionate da fotocellule. Si aprirono automaticamente quando gli uomini vi si avvicinarono.

“Che cos’è questo posto?” disse Luke.

“Questo?” disse Winn. “Vuoi dire il campo?”

“Sì.”

“Ah, be’, ti dirò la versione veloce. Fondamentalmente è un campo di detenzione. Abbiamo appena superato i duecentocinquanta detenuti al momento, inclusi più di settanta bambini. Per la maggior parte si tratta di stranieri illegali arrivati dal Messico e dall’America centrale le cui vite sarebbero a rischio per via dei cartelli della droga o delle gang se venissero rimandati a casa. Non è stato concesso loro l’asilo, perciò se ne restano qui con le loro famiglie fino a che l’Immigration and Naturalization Service non riesce a decidere che cosa farne. Il loro status è ufficialmente indeterminato. Nel frattempo, dato che questo posto è invisibile, le gang non hanno idea di dove siano.”

Attraversarono l’edificio rapidamente. Fondamentalmente era un ritrovo di controllori di volo, segnalatori per elicotteri e piloti. C’era qualche scrivania con sedie, un po’ di attrezzatura di monitoraggio radio e video, uno schermo radar, una macchinetta del caffè e una vecchia scatola di ciambelle stantie su una tavola.

“Quindi se ne stanno qui illimitatamente?” disse Swann.

“Be’, illimitatamente è molto tempo,” disse Winn. “La famiglia che ha trascorso più tempo con noi è qui da sette anni.”

Winn doveva aver visto gli sguardi sui loro visi.

“Non è male come sembra. Davvero. Tutti i bambini vanno a scuola cinque giorni la settimana. La scuola è proprio lì, sulla proprietà. Ci sono attività di arricchimento, inclusi due film in prima visione ogni weekend, trasmessi sia in inglese che in spagnolo. Ci sono il calcio e il basket, e gli adulti possono seguire corsi di lingua e formazione al lavoro, inclusa una formazione con carpentieri specialisti che portiamo qui.”

“Sembra fantastico,” disse Swann. “A voi dispiace se vengo a fare le vacanze qui?”

“Potresti rimanere sorpreso,” disse Winn. “Alla gente piace stare qui. È molto meglio che andare a casa a farsi uccidere.”

Un SUV nero li aspettava fuori dal rifugio. Mentre l’auto attraversava il campo, superarono un’altra recinzione sormontata da filo spinato. Una manciata di uomini sedeva su panchine dall’altra parte della recinzione. Quattro o cinque di loro erano bianchi. Un paio neri. Indossavano tutti tute giallo brillante. Fissarono attraverso la recinzione la macchina passare.

“Quelli lì non sembrano messicani,” disse Ed Newsam.

Il viso di Pete Winn cambiГІ. Prima era stato amichevole, magari persino un pochino nervoso di incontrare Luke e la sua squadra. Adesso sembrava piГ№ che altro sprezzante.

“No, non sono messicani,” disse. “Abbiamo anche dei nativi qui.”

“Si nascondono dai cartelli della droga?” disse Swann.

Winn fissava dritto avanti a sé. “Signori, sono sicuro che ci sono aspetti del vostro lavoro che non siete liberi di discutere. Lo stesso vale per me.”

Dopo qualche minuto avevano raggiunto il lato più lontano del campo rispetto all’eliporto e agli edifici amministrativi. La macchina si fermò. Non c’era nessuno in giro – nessun prigioniero, nessun operaio, proprio nessuno. Su uno sporadico spiazzo di terra se ne stava una piccola cabina.

Gli uomini uscirono. Lo spiazzo era un pezzo brullo di terra compatta. Qualsiasi senso dell’attività del campo, e della vita stessa, era lontanissimo da qui.

Pete Winn porse a Luke un mazzo di chiavi. C’era su solo una chiave. Winn adesso aveva un viso serio. Aveva gli occhi duri e freddi. I suoi modi avevano portato a termine il cambiamento drastico da quelli dell’incerto funzionario che li aveva accolti all’eliporto a qualsiasi cosa fosse adesso.

“L’esistenza di questa cabina è secretata. Ufficialmente non esiste, né esiste il prigioniero. La vostra visita qui non esiste. Il governo cinese non ha fatto indagini, ufficiali o clandestine, su dove si trovi l’uomo chiamato Li Quiangguo. Io ritengo che i cinesi abbiano agito come se non avessero nulla da nascondere né di cui preoccuparsi, e che abbiano anche offerto assistenza per trovare la fonte della violazione del sistema operativo della diga.”

Fece un cenno con la testa in direzione della cabina.

“Le pareti della cabina sono insonorizzate. La chiave apre un armadio con l’attrezzatura nella stanza sul retro. Se sentite di aver bisogno di un po’ di attrezzatura per facilitare l’interrogatorio, potete trovare ciò che vi serve là dentro.”

Luke annuì, ma non disse niente. Non gli piaceva l’insinuazione che tutte quelle persone parevano fare che fosse stato chiamato lì per torturare il prigioniero.

Aveva torturato della gente in passato? Immaginava di sì, a seconda della definizione della parola. Ma nessuno lo aveva mai chiamato in una situazione con l’idea che torturasse un sospetto. Se l’avessero fatto sarebbero stati piuttosto cretini – c’erano persone molto più esperte nella cosa di Luke. Quando l’aveva fatto in passato, era stato al volo e aveva improvvisato, quasi sempre perché il soggetto possedeva delle informazioni critiche che Luke doveva ottenere subito.

Pete Winn proseguì, ma adesso i suoi modi erano più rilassati, e le sue parole banali.

“Se vi serve qualcosa, pranzo, birra, cena, o se volete che la macchina vi riporti all’eliporto, prendete il telefono della cabina e premete zero. Vi manderemo quello che vi serve. Possiamo sistemarvi sulla base per la notte se volete, e fornirvi ogni genere di articoli per l’igiene personale o altro. Sapone, shampoo, rasoi elettrici – abbiamo tutto quanto. Possiamo anche fornirvi un cambio di vestiti, nei limiti del ragionevole.”

“Grazie,” disse Luke.

“Adesso vi lascio fare,” disse Winn. “Buona fortuna.”

Quando se ne fu andato, Luke si fermГІ fuori dalla cabina a parlare coi suoi. Montagne verdi torreggiavano attorno a loro oltre la recinzione del campo. Il campo sembrava costruito dentro a un bacino.

“Swann, quanti anni sei stato in Cina?”

“Sei.”

“In quale zona?”

“Dappertutto. Ho vissuto a Pechino più che altro, ma ho trascorso molto tempo a Shanghai e Chongqing, anche un pochino al sud, a Canton e Hong Kong.”

“Okay, voglio che guardi questo tipo con attenzione, che scorgi qualsiasi indicazione che puoi da lui. Tutto quanto. Di dove pensi che sia. Quanti anni ha. Il suo livello di istruzione. Il suo livello di conoscenza dei computer. È poi davvero cinese? La gente di Susan Hopkins mi ha detto che il tipo parla perfettamente inglese. Quante probabilità ci sono che sia nato qui negli Stati Uniti, o in Canada, o a Hong Kong? O da qualsiasi altra parte, in realtà. Ci sono cinesi dappertutto.”

Swann scosse la testa. “Se è un agente operativo, questa roba non la capirò. Sarà troppo bravo a nascondere le proprie origini.”

“Tira a indovinare,” disse Luke. “Non è un problema di matematica. Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Voglio solo sapere la tua impressione.”

Swann annuì. “Ricevuto.”

Adesso Luke lo guardò fisso. “Quanto sei schizzinoso?”

Non si era mai preoccupato prima della personalità di Swann, ma adesso gli era venuto in mente che Swann potesse essere un po’ l’anello debole, in materia.

“Schizzinoso? In che senso?”

“Io e Ed potremmo dover lavorare seriamente lì dentro.”

“Be’, datemi un segnale e andrò a farmi una passeggiata per questi bellissimi territori.”

“In questo caso, assicurati di fare ciao ai cecchini,” disse Ed Newsam.

A un centinaio di metri di distanza c’era una torre di guardia alta tre piani. Luke e Swann la guardarono. Nella torre c’era un uomo con un fucile che apparentemente li teneva sotto tiro. Da quella distanza sembrava che avesse il fucile puntato proprio su di loro, e che stesse guardando nel mirino.

“Può prenderci da lì?” disse Swann.

“Con gli occhi chiusi,” disse Luke.

“Si sta solo allenando, però,” disse Ed. “Allevia un po’ la noia.”

Entrarono.



*



L’uomo indossava una tuta giallo brillante. Sedeva su una sedia pieghevole di metallo nel mezzo di una stanza vuota. Era grande, con spalle ampie, braccia e gambe grosse e uno stomaco prominente.

Aveva un cappuccio nero sulla testa. Aveva i polsi ammanettati dietro la schiena. Le gambe ammanettate insieme all’altezza delle caviglie. Era chino in avanti, come se dormisse. Con il cappuccio sulla testa, era impossibile a dirsi.

Luke gli levò il cappuccio dalla testa. L’uomo si riscosse in apparente sorpresa, e si mise seduto dritto. Aveva i capelli nero lucido scompigliati – in alcuni punti se ne stavano alti a ciuffi, in altri appiattiti. Persino senza il cappuccio indossava ancora una mascherina – una di quelle che la gente si mette sul viso per dormire durante i lunghi viaggi aerei.

SbadigliГІ, come risvegliandosi da un sonnellino pomeridiano.

“Li Quiangguo,” disse Luke. “Ni hui shuo yingyu ma?”

In cinese mandarino, le suo parole tradotte erano Parli inglese?

L’uomo fece un gran sorriso. “Chiamami Johnny,” disse. “Per favore. È il nome che uso qui in Occidente. E parliamo inglese. Rende le cose più facili per tutti, soprattutto per me.”

L’inglese dell’uomo era la versione americana, sicuramente, ma senza accento né intonazione regionale di qualsiasi tipo. Luke avrebbe potuto dire che sembrava che venisse dal Midwest. Ma in realtà sembrava che non venisse da nessuna parte. Poteva anche essere stato sparato giù da un’astronave con un raggio laser.

“Perché ti è più facile?” disse Luke.

“Mi è più facile nelle orecchie. Vuol dire che così non sono costretto a sentire persone come te massacrare la bellissima lingua cinese.”

Adesso sorrise Luke. “Dimmi, Li. Perché non ti sei ucciso quando ne hai avuto l’opportunità?”

Li fece una faccia di sorpresa esagerata, persino di disgusto. “Perché avrei dovuto? L’America mi piace. E finora sono stato trattato piuttosto bene.”

Era una cosa interessante da dire, considerando che veniva da un uomo che era rimasto ammanettato a una sedia di metallo tutta la notte, con un cappuccio nero e una benda sugli occhi, in un centro di detenzione che non esisteva, e con nessun modo di contattare il mondo esterno. Tecnicamente non era in arresto, e non aveva visto un avvocato. Molte persone avrebbero potuto non essere d’accordo sul fatto che la sua disposizione costituisse un buon trattamento. Alcune avrebbero potuto dire che era scomparso. Sì, non era stato torturato, ma per la maggior parte delle persone la mancanza di tortura era un limite bassino.

Li sembrò quasi leggere nella mente di Luke. “Stamattina ho sentito gli uccellini cinguettare, fuori. È stato così che ho capito che era un nuovo giorno.”

Luke allungò una mano e gli levò la mascherina per gli occhi. “Uccellini all’alba. Molto carino. Sono contento di sentire che finora ti sei divertito. Purtroppo le cose stanno per cambiare.”

“Ah.” Gli occhi dell’uomo si strizzarono all’improvvisa luce. Scrutò la stanza, esaminò Swann e Ed Newsam. Gli occhi gli si fermarono su Ed.

Ed era appoggiato a una parete. Sembrava molto rilassato, e allo stesso tempo minaccioso. Il suo corpo si muoveva appena. C’era così tanta energia potenziale immagazzinata dentro di esso che Ed era come una tempesta sul punto di abbattersi. I suoi occhi non lasciarono mai gli occhi del cinese.

“Vedo,” disse Li.

Luke annuì. “Sì. Vedi.”

Li indurì il volto. “Sono un turista. È tutta una questione di scambio di identità.”

“Se sei un turista,” disse Ed, “magari ti andrebbe di darci i nomi e le informazioni di contatto della tua famiglia, in modo che possiamo farle sapere dove sei. Sai, per dirle che stai bene.”

Li scosse la testa. “Vorrei contattare l’ambasciata cinese.”

“I nostri superiori l’hanno già fatto per te,” disse Luke. Non era vero, per quanto ne sapesse. Aveva cominciato a sbilanciarsi di un centimetro, ma di un centimetro che sapeva avrebbe retto il suo peso.

“È stata una conversazione non ufficiale, come puoi immaginare, data la sensibilità della situazione,” disse. “Potrebbe turbarti sapere che il governo cinese dice che tu non sei reale. Non ci sono registri scolastici, lavorativi, nessuna città natale né storia familiare. Hanno visto una scansione del tuo passaporto, e hanno determinato che si tratta di una furba contraffazione.”

Li fissava dritto avanti a sГ©. Non rispose.

Luke estese il momento. Non c’era ragione di riempirlo con altre chiacchiere. Aveva visto soggetti spezzarsi non appena compreso che i loro responsabili li avevano disconosciuti. Spezzarsi non era neanche la parola giusta. A volte, quando si scoprivano improvvisamente privi di Paese, cambiavano semplicemente bandiera.

“Li, mi hai sentito? Non ti proteggeranno. Non te la caverai. Non hai preso la tua pillola quando avresti potuto farlo, e adesso sei qui. Non c’è via d’uscita. Per quanto riguarda i tuoi, tu non esisti, e non sei mai esistito. L’edificio in cui ti trovi adesso non esiste. Potresti finire ammucchiato in un cilindro da duecento litri nel fondo dell’oceano, o in un fosso poco profondo nella landa desolata, con i corvi a mangiarti gli occhi… Non importerà a nessuno. Non lo saprà nemmeno nessuno.”

L’uomo ancora non diceva una parola. Continuava solo a fissare davanti a sé.

“Li, che cosa sai della diga di Black Rock, e come si sono aperte le saracinesche?”

“Non ne so niente.”

Luke aspettò pochi istanti, poi proseguì. “Okay, lascia che ti dica cosa so io. Secondo le ultime cifre, sono morte più di mille persone. Hai idea di quanto la cosa mi faccia arrabbiare? Mi fa venir voglia di vendicare le loro morti. Mi fa venir voglia di trovare un capro espiatorio, e di fargliela pagare personalmente. Tu sei un capro espiatorio efficace, non è vero, Li? Un uomo di cui a nessuno importa, che nessuno ricorda, e di cui nessuno sentirà la mancanza. Ti dirò un’altra cosa. Lo so che sei stato addestrato a resistere agli interrogatori. Questo mi rende solo più felice. Vuol dire che posso prendermi tutto il tempo che voglio. Possiamo stare qui giorni, o addirittura settimane. Abbiamo della gente che sta lavorando al problema della diga. Capiranno loro cos’è successo. Non ci serve qualsiasi patetica informazione che potresti avere tu. Io non la voglio neanche, a essere sincero. Voglio solo farti del male. Più te ne stai seduto lì, più ne ho voglia.”

Adesso Luke si piegò sulle cosce vicino al viso di Li. Stava a pochi centimetri di distanza, così vicino da esalargli il fiato sulle guance. “Ci conosceremo piuttosto bene qui dentro, okay, Li? Alla fine saprò tutto di te.”

Luke guardò Swann. Swann era in un angolo vicino alla finestra con le sbarre di acciaio. Non aveva detto una parola da quando erano entrati. Guardava fuori l’agglomerato di cemento e le verdi colline lussureggianti che lo circondavano. Swann era un analista, un tipo da dati. Luke immaginava che potesse anche non aver mai pensato a come quei dati a volte venivano estratti. Le minacce di morte erano solo l’inizio.

“Li, ti sta parlando,” disse Ed.

Li allora riuscì a sorridere. Era un sorriso malaticcio, e non aveva traccia di humor. “Per favore,” disse. “Chiamami Johnny.”



* * *



Passò un’ora. Luke e Ed avevano fatto i turni per parlare con Li, ma senza risultato effettivo. Anzi, Li si stava facendo più sicuro. Evidentemente aveva deciso che più di qualche duro ceffone di Ed non avrebbe avuto.

Adesso Luke guardava di nuovo Swann.

“Okay, Swann,” disse. “Questo è un buon momento per fare quella passeggiata per il campo.”

Qualche minuto prima, Luke aveva aperto l’armadietto con la chiave che gli aveva dato Pete Winn. L’armadietto era più un ripostiglio che un vero e proprio armadietto. Dentro c’era un tavolo pieghevole, una specie di asse da stiro ma più larga e più bassa e molto più robusta. Era lunga circa due metri e larga uno e venti.

Quando Luke e Ed la aprirono, la tavola aveva un’inclinazione evidente. Sul lato più alto c’erano delle manette per le caviglie del soggetto. Nel mezzo c’erano cinghie in pelle per legare i polsi del soggetto, e una cinghia grande nel centro per la vita. Sul lato più basso c’era un anello di metallo per assicurare la testa del soggetto al tavolo.

Era una piattaforma per la tortura della goccia.

Quando estrassero la tavola, Li si agitò visibilmente. Capì subito di che cosa si trattasse. Ovvio che lo capì subito. Era un agente dell’intelligence, operativo sul campo, e tutti loro l’avevano vista durante l’addestramento. Americani, cinesi, chiunque. Luke aveva guardato una dimostrazione live della tecnica, una volta. Un incallito agente della CIA, un uomo che era arrivato all’agenzia dai Navy SEAL, che era stato presente in numerosi hotspot del Paese, era il soggetto del test.

Come avevano fatto a convincere quell’uomo a proporsi come volontario era una cosa che Luke non aveva mai scoperto. Magari aveva avuto un bonus. Doveva essere un bonus bello grosso. L’agente sembrava rilassato prima della dimostrazione. Rideva e scherzava con i suoi futuri torturatori. Una volta cominciata la procedura, si era trasformato istantaneamente. Era durato ventiquattro secondi prima di usare la parola di sicurezza per farla finire. L’avevano cronometrato.

“Dovete sapere che va contro le convenzioni di Ginevra,” disse Li, la voce che gli tremava un pochino. “Va contro…”

“L’ultima volta che ho controllato, non eravamo a Ginevra,” disse Luke. “Anzi, non siamo da nessuna parte. Come ho detto prima, questo edificio non esiste, così come non esiste nessuno di nome Li Quiangguo.”

Luke si impegnò con gli altri attrezzi che aveva preso dall’armadietto. Includevano due grandi annaffiatoi, come quelli che una cara vecchietta userebbe per dar l’acqua al giardino. C’erano anche delle sicure per le manette e le cinghie di pelle della tavola. E infine c’era un numero di pesanti teli di media grandezza e un rotolo di cellophane. Se i teli non avessero funzionato, sarebbero sempre potuti passare al cellophane. Luke sapeva che la CIA non perdeva tempo con i teli.

“Bello,” disse Ed. “Non faccio cose del genere dall’Afghanistan. Sono passati almeno cinque anni.”

“Allora la tua esperienza è più recente della mia,” disse Luke. “Perciò lasceremo a te l’onore. Com’è stato quando l’hai fatto?”

Ed fece spallucce. “Spaventoso. Ce ne sono morti un paio. Non è come gli altri metodi che ho visto. Puoi folgorare persone tutto il giorno, finché la corrente è giusta. Fa male, ma non li uccide. Con questo la gente muore davvero. Affogano. Hanno dei danni cerebrali. Hanno arresti cardiaci. Questo è reale.”

“Sentite,” disse Li. Adesso gli tremava tutto il corpo. “Il waterboarding va contro qualsiasi diritto bellico. È riconosciuto come tortura da ogni corpo internazionale. Violerete i diritti umani.”

“Bello, all’improvviso sei tutto regole e norme,” disse Ed. “Per come la vedo io, uno che annega deliberatamente migliaia di persone non è umano. Direi che hai rinunciato ai tuoi diritti umani.”

“Ragazzi,” disse Swann. “Questa cosa non mi piace.”

Luke lo guardò. “Swann, ti avevo detto che era un buon momento per andartene. Prenditi una ventina di minuti. Dovrebbero bastare.”

Swann si fece rosso in viso. “Luke, tutto ciò che ho letto dice che questa cosa non ti darà neanche delle informazioni decenti. Mentirà per farti smettere.”

Luke non ricordava una singola volta in cui Swann avesse messo in discussione le sue azioni, prima. Sarebbe stato curioso di sapere se Swann stesse mettendo in discussione le sue azioni adesso. Comunque, scosse la testa.

“Swann, non puoi credere a tutto ciò che leggi. Ho visto questa cosa far ottenere fattibili e accurate informazioni nel giro di minuti. E dato che il signor Li è nostro ospite qui, saremo in grado di verificare rapidamente ogni affermazione che farà. Possiamo anche rivedere quelle affermazioni con lui se si scopre che sono errate. La verità è che non vogliono che si faccia questa cosa perché, come Li ha accuratamente indicato, è qualificata come tortura. Però funziona, e nelle circostanze giuste funziona molto, molto bene.”

Luke fece un cenno alla stanza vuota. “E queste sono le circostanze giuste.”

Swann adesso lo fissava. “Luke…”

Luke sollevò una mano. “Swann. Fuori. Per piacere.” Indicò la porta.

Swann scosse la testa. Aveva il viso molto rosso adesso. Sembrava sul punto di tremare lui stesso. “Perché mi hai chiamato per questa roba?” disse. “Non lavoro più per l’FBI, e neanche tu.”

Luke quasi sorrise. Non sapeva come si sentisse davvero Swann, ma non avrebbe potuto reagire meglio neanche avesse avuto un copione sotto al naso. Il poliziotto buono, e il poliziotto cattivo sotto steroidi.

“Entro la fine della giornata avrò bisogno delle tue competenze,” disse Luke. “Ma non per questo. Adesso fatti un giro. Per piacere. E nota quanto sono stato educato finora. Entro un minuto perderò la calma.”

“Presenterò reclamo formale,” disse Swann.

“Fallo, dai. Lo sai per chi lavoro. Il tuo reclamo se ne andrò dritto al trita documenti. Cadrà dritto nel buco della memoria. Ma fallo lo stesso, come esercizio intellettuale.”

“Ho in programma di farlo,” disse Swann. Con quello, uscì dalla porta. La tirò alle sue spalle, ma senza sbatterla.

Luke sospirò. Guardò Ed. “Ed, puoi per favore riempire quegli annaffiatoi al lavandino della cucina? Ci serviranno tra un attimo.”

Ed fece un sorriso diabolico. “Con piacere.”

Sollevò gli annaffiatoi guardando Li. Mostrò a Li la folle occhiataccia da gigante che a volte usava con le persone. Era uno sguardo che dava i brividi anche a Luke. Faceva sembrare Ed psicotico. Lo faceva sembrare come un uomo che trovava piacevole il sadismo. Luke non era sicuro dell’origine di quello sguardo, né di cosa significasse. Non lo voleva proprio sapere.

“Fratello,” disse Ed a Li. “La tua giornata sta per diventare molto più lunga.”

Mentre Ed trafficava nella minuscola cucina della cabina, Luke osservò bene Li. L’uomo adesso tremava di brutto. Tutto il corpo vibrava come se gli passasse attraverso della corrente elettrica a basso voltaggio. Gli occhi gli si erano fatti grandi e spaventati.

“L’hai già visto fare, vero?” disse Luke.

Li annuì. “Sì.”

“Su prigionieri?”

“Sì.”

“È brutto,” disse Luke. “Molto brutto. Nessuno resiste.”

“Lo so,” disse Li.

Luke guardò la cucina. Ed stava prendendo tempo di là. “E Ed… devi sapere com’è. Queste cose gli piacciono.”

Li non disse nulla in proposito. Il viso gli si fece rosso acceso, e poi gradualmente passò al rosso scuro. Sembrava che dentro di lui fosse in corso un’esplosione, e che stesse cercando di contenerla. Strinse forte gli occhi. Digrignò i denti, che poi cominciarono a battere. Tutto il corpo cominciò a sussultare.

“Ho freddo,” disse. “Non posso farlo.”

Proprio allora a Luke venne in mente una cosa.

“Te l’hanno fatto,” disse. “I tuoi.” Non era una domanda. Lo sapeva come sapeva il proprio nome. Li aveva subito il waterboarding prima di ora, e con tutta probabilità era stato il governo cinese a farglielo.

Improvvisamente la bocca di Li si aprì in un urlo. Era un urlo silenzioso, la mascella si aprì al massimo. In qualche modo ricordò a Luke un lupo mannaro che ulula di agonia durante la transizione spaccaossa dalla forma umana a quella canina. Solo che non c’era suono. Da Li non uscì quasi nulla, solo una specie di basso rumore strozzato dal profondo della gola.

Adesso aveva tutto il corpo rigido, ogni muscolo teso come se la corrente elettrica fosse appena salita di dieci tacche.

“Tu eri un traditore,” disse Luke. “Un nemico dello stato. Però in prigione sei stato riabilitato. La tortura era parte del processo. Ti hanno fatto agente, ma non di valore. Sei uno dei sacrificabili. È per questo che eri qui sul campo, ed è per questo che avevi le pillole di cianuro. Se fossi stato preso, avresti dovuto ucciderti. Non c’era praticamente modo in cui non potessi essere preso, giusto? Ma tu non l’hai fatto, Li. Non ti sei ucciso, e adesso noi siamo la sola speranza che hai.”

“Ti prego!” urlò Li. “Ti prego, non farlo!”

Il corpo dell’uomo si scuoteva in maniera incontrollabile. Anzi, di più. Cominciò a emanare un odore, il fitto odore umido delle feci.

“Oh, mio Dio,” disse. “Oh, mio Dio. Aiutami. Aiutami.”

“Che succede qui?” disse Ed tornando con gli annaffiatoi. Fece una smorfia quando l’odore gli arrivò al naso. “Oh, Cristo.”

Luke sollevò le sopracciglia. Provava quasi compassione per quell’uomo. Poi pensò ai più di mille morti, e alle molte migliaia che avevano perso le loro case. Niente, nessuna esperienza di vita negativa poteva giustificare un’azione del genere.

“Già, Li è un casino,” disse. “È traumatizzato. Pare che non sia il primo waterboarding per lui.”

Ed annuì. “Bene. Allora si è già esercitato.” Abbassò lo sguardo su Li. “Lo faremo comunque, mi senti, femminuccia? Non ci interessa la puzza, perciò se è questo il giochino che stai facendo, non ha funzionato.” Ed guardò Luke. “L’ho già visto fare. La gente ci prova perché pensa che la puzza sia così fetida che non vorremo andare avanti. O magari che avremo pietà di loro. O qualsiasi altra cosa.” Scosse la testa. “La puzza è cattiva, ma non l’ho mai vista funzionare. Non saremmo qui se fossimo tipi sensibili, Li. Ho sentito il puzzo di uomini dopo che sono stati eviscerati. Credimi, è peggio di qualsiasi cosa tu possa spingere fuori dalla strada normale.”

“Vi prego,” disse ancora Li. Lo disse piano adesso, quasi in un sussurro. Il corpo gli tremava senza controllo. Lasciò cadere la testa e fissò il pavimento. “Vi prego, non fatelo. Non riesco a sopportarlo.”

“Dammi qualcosa,” disse Luke. “Dammi qualcosa di buono, e poi vedremo. Guardami, Li.”

La testa di Li crollò ancor più giù. La scosse. “Non posso guardarti adesso.” Il suo viso fece una smorfia, una maschera di umiliazione. Poi si mise a piangere.

“Aiutami. Ti prego, aiutami.”

“Farai meglio a darmi qualcosa,” disse Luke. “O dovremo cominciare.”

Luke se ne stava a tre metri di distanza a guardarlo. Li era afflosciato sulla sedia, la testa bassa, le braccia strette dietro l’ampia schiena, il suo intero corpo a tremare. Non c’era organizzazione nella cosa – ogni parte sembrava fare qualcosa di diverso e di slegato da ogni altra parte. Luke notò in quel momento che Li aveva la tuta bagnata all’altezza del cavallo. Si era anche pisciato addosso.

Luke fece un respiro profondo. Dovevano far venire qualcuno per pulirlo.

“Li?” disse.

Li guardava ancora a terra. La sua voce pareva venire dal fondo di un pozzo. “C’è un deposito. È un deposito piccolo, con un ufficio. Un importatore di prodotti cinesi. Nell’ufficio è tutto spiegato.”

“Di chi è l’ufficio?” disse Luke.

“Mio.”

“È di facciata?” disse Ed.

Li cercò di stringersi nelle spalle. Il corpo gli tremolò e fece una piccola danza. I denti gli battevano mentre parlava. “Più che altro. Doveva essere un po’ funzionale, altrimenti niente copertura.”

“Dov’è?”

Li mormorГІ qualcosa.

“Cosa?” disse Luke. “Non ti sento. Se fai giochini con me, affronteremo la cosa alla maniera dura. Pensi che Ed abbia voglia di lasciarti in pace? Hai pensato male.”

“È ad Atlanta,” disse Li, chiaro e deciso adesso, come se dirlo fosse un sollievo. “Il deposito si trova ad Atlanta. È lì che avevo base io.”

Luke sorrise.

“Be’, puoi darci l’indirizzo, e possiamo prendere un aereo per Atlanta. Torneremo tra qualche ora.” Mise una mano sulla spalla di Li. “Dio ti aiuti se scopriamo che stai mentendo.”



*



“Bel lavoro, Swann,” disse Luke. “Non avrei potuto chiedere di meglio neanche se avessi scritto le battute io.”

“Ho mai detto che al liceo ero nel gruppo di teatro? Un anno ho avuto un ruolo nell’Opera da tre soldi.”

“Ti sei perso la tua vocazione,” disse Luke. “Saresti potuto andare a vivere a Hollywood a quel che ho visto lì dentro.”

Percorsero la passerella di cemento verso il SUV nero che li aspettava. Due uomini con tute dell’ente federale per la gestione delle emergenze erano appena smontati dall’auto ed erano entrati nella cabina. Luke si guardò in giro. Tutto intorno a loro c’erano recinzioni e fili spinati. Dietro alla torre di guardia più vicina una ripida collina verde si stagliava verso le montagne settentrionali della Georgia.

Swann sorrise. “Ho cercato di metterci la giusta nota di indignazione morale.”

“Mi avevi fregato,” disse Ed.

“Be’, era vero. Non dovevo recitare. Sono davvero contro la tortura delle persone.”

“Nemmeno noi siamo a favore,” disse Ed. “O almeno, non sempre.”

“L’avete fatto?” disse Swann.

Luke sorrise. “Tu che ne dici?”

Swann scosse la testa. “Ero fuori da appena dieci minuti quando siete usciti, perciò immagino di no.”

Ed gli diede una pacca sulla schiena. “Continua a immaginare, analista.”

“Be’, ma l’avete fatto o no?” disse Swann. “Ragazzi?”

Nel giro di qualche minuto, i tre erano di nuovo sull’elicottero, in volo sempre più su sopra la fitta foresta in direzione sud, verso Atlanta.




CAPITOLO SEI


10:05

Osservatorio navale degli Stati Uniti – Washington, DC



“Signore, grazie di essere venuto.”

Susan Hopkins si allungò per stringere la mano dell’uomo alto nel completo azzurro chiaro. Era il deputato degli Stati Uniti dell’Ohio, Michael Parowski. Aveva dei capelli prematuramente imbiancati e dei socchiusi occhi azzurro pallido. Cinquantacinque anni, era bello in un aspro modo da uomo Marlboro. Nato e cresciuto operario, aveva grosse mani di pietra e spalle ampie di un uomo che aveva cominciato la propria carriera come operaio siderurgico.

Susan conosceva la sua storia. Era scapolo da una vita. Era cresciuto ad Akron, figlio di immigrati polacchi. Da teenager era un stato un pugile da Golden Gloves. Le cittГ  industriali del nord, Youngstown, Akron, Cleveland, erano la sua roccaforte. Il suo supporto lassГ№ era irremovibile. Di piГ№, era mitico, tipo leggenda. Era al suo nono mandato alla camera, e le sue rielezioni erano una passeggiata.

Michael Parowski sarebbe stato rieletto nel nord dell’Ohio? Il sole sarebbe sorto ancora, domani? La Terra avrebbe continuato a girare sul suo asse? Se si lasciava cadere un uovo, sarebbe caduto sul pavimento della cucina? Quell’uomo era inevitabile come le leggi della fisica. Non se ne sarebbe andato da nessuna parte.

Susan aveva visto i video di lui che guadava la folla alle manifestazioni sindacali, nelle feste e ai festival etnici (dove non discriminava – polacchi, greci, portoricani, italiani, afroamericani, irlandesi, messicani, vietnamiti – se avevi un’appartenenza etnica, era lui il tuo uomo). Era uno che stringeva mani, che ti dava gran pacche sulla schiena e che batteva il cinque, e che ti abbracciava. La mossa con cui si firmava era il sussurro.

Nel mezzo della confusione e del caos, con decine o persino centinaia di persone a spingere per farglisi più vicine, lui invariabilmente avrebbe preso una donna di una certa età da parte e le avrebbe sussurrato qualcosa nell’orecchio. A volte le donne ridevano, a volte arrossivano, a volte gli agitavano un dito davanti. La folla quella cosa la adorava, e nessuna donna aveva mai ripetuto ciò che lui le aveva detto. Era un teatrino politico dell’ordine più alto, del tipo che Susan, francamente, adorava.

Lì a Washington DC, era un uomo del sindacato a tutti gli effetti – l’AFL-CIO gli aveva dato un punteggio del cento per cento. Era uno dei migliori amici degli operai del Campidoglio. Era più debole su alcune delle altre questioni di Susan: i diritti delle donne, i diritti dei gay, l’ambiente. Ma non così tanto da compromettere gli accordi, e in un certo senso i suoi punti di forza completavano quelli di lei. Lei riusciva a parlare con passione di acqua e aria pulite e del benessere delle donne, e lui riusciva a eguagliare la passione di lei quando parlava della brutta situazione della classe operaia americana.

Pure così Susan non era sicura che fosse perfetto per la cosa, ma i membri più anziani del partito le avevano assicurato di sì. Lo volevano a bordo più di tutto. A dire la verità, avevano praticamente preso la decisione per lei. E ciò che volevano davvero da lui, oltre alla sua popolarità, era la sua durezza. Era l’uomo più cattivo della stanza. Non beveva, non fumava, e almeno pareva che non dormisse. Viveva sugli aeroplani, a saltare su e giù al suo distretto come una pallina da ping pong. Sarebbe venuto al Campidoglio per le riunioni della commissione a votare a tutte le ore, in un cimitero di Youngstown al mattino, sei ore dopo, fresco e allerta, lacrime agli occhi, le grosse e forti braccia a cingere la madre di un agente deceduto mentre lei si scioglieva in lacrime contro il suo petto.

Se i suoi nemici dicevano che era silenziosamente rimasto amico di un paio di gangster con cui aveva trascorso l’infanzia nel vecchio quartiere… be’, la cosa aggiungeva solo fascino. Era dolce, era duro, era leale, e non era uno con cui far casini.

Le rivolse un sorriso luminoso. “Signora presidente, a cosa devo l’onore?”

“Ti prego, Michael. Continua a chiamarmi Susan.”

“Okay. Susan.”

Lei lo condusse nel suo studio. Come vicepresidente, aveva smesso da molto tempo di tenere riunioni importanti nel suo ufficio. Preferiva la sensazione un po’ informale, e il bellissimo ambiente, del suo studio. Quando entrarono Kat Lopez era già lì ad aspettarli.

“Conosce il mio capo dello staff, Kat Lopez?”

“Non ho avuto il piacere.”

Si strinsero la mano. Kat gli offrì uno dei suoi rari sorrisi. “Deputato, sono una sua grande fan da quand’ero al college.”

“E quand’è stato, l’anno scorso?”

Kat allora fece qualcosa di fuori dal suo ordinario. Arrossì. Fu veloce, lei si riprese quasi subito, ma arrossì. Quell’uomo faceva effetto alla gente.

Susan offrì a Parowski una sedia. “Ci sediamo?”

Parowski si sistemГІ su una delle comode poltrone. Susan si sedette di fronte a lui. Kat rimase in piedi dietro di lei.

“Mike, ci conosciamo da molto tempo. Quindi non ci girerò intorno. Come sai, sono improvvisamente diventata presidente quando è morto Thomas Hayes. Mi ci è voluto molto per assestarmi. E ho rimandato la scelta del vicepresidente fino a quando la crisi non sembrava finita.”

“Ho sentito delle voci su quel che è successo ieri,” disse Parowski.

Susan annuì. “È vero. Crediamo che si tratti di un attentato terroristico. Ma sopravvivremo a questo come siamo sopravvissuti agli altri, e andremo avanti ancor più forti e resistenti di prima. E un modo in cui lo faremo è con un vicepresidente forte.”

Parowski la fissГІ.

Susan annuì. “Tu.”

Lui alzГІ lo sguardo su Kat Lopez, poi tornГІ a guardare Susan. Sorrise. Poi rise.

“Pensavo che mi avresti chiesto di radunarti dei voti al Campidoglio.”

“Sì,” disse. “Ti chiederò di farlo. Ma come vicepresidente e presidente del Senato, non come membro del congresso dell’Ohio.”

Alzò le mani. “Lo so. Pare che ti stia passando la bomba senza preavviso, ed è proprio così. Ma ho sondato il terreno, e ho tenuto riunioni top secret per le ultime sei settimane. Il tuo nome non ha fatto che saltar fuori. Sei quello con massiccia popolarità nel tuo distretto, e ampio fascino per l’intera zona nord degli Stati Uniti, e persino nei distretti della classe operaia conservatrice del sud. E sei il candidato infaticabile che può concorrere duramente con me quando verrà l’ora di ricandidarsi.”

“Lo farò,” disse.

“Prenditi il tuo tempo,” disse Susan. “Non voglio metterti fretta.”

Il suo sorriso si allargò. Adesso sollevò le mani, quasi come implorando i cieli. “Che cosa posso dire? È un sogno divenuto realtà. Mi piace davvero quello che stai facendo. Hai tenuto insieme questo Paese in un momento in cui sarebbe potuto andare in pezzi. Sei stata molto più tenace di chiunque te ne abbia riconosciuto il merito.”

“Grazie,” disse Susan. Se lui avesse potuto vederla nei primi giorni, a piangere sola in quella stessa stanza quando pensava che il novanta per cento della gente sarebbe morta per l’attentato col virus Ebola, l’avrebbe ancora pensata così?

Susan annuì tra sé e sé. Probabilmente più che mai.

Lui la indicò col suo grosso indice. “Ti dirò un’altra cosa. Ho sempre saputo che eri fatta così. Riesco a leggere il meglio delle persone. Ho imparato a farlo quando ero un ragazzino, e l’ho visto in te anni fa, quando sei venuta a Washington DC. Chiedi a chi vuoi. Quando è arrivato il sei giugno ho detto alla gente non vi preoccupate, siamo in buone mani. L’ ho detto a quelli del Campidoglio che erano ancora vivi, l’ho detto nei programmi televisivi, e l’ho detto personalmente ad almeno diecimila persone del mio distretto.”

Susan annuì. “Lo so.” E lo sapeva davvero. Quella piccola cosa era tornata fuori più volte nelle riunioni. Michael Parowski ti copre le spalle.

“Devi sapere una cosa di me, però,” disse lui. “Sono grosso. Fisicamente sono grosso, e ho una grossa personalità. Se stai cercando qualcuno che se ne stia nel retro a fare da tappezzeria, probabilmente non sono quello giusto.”

“Michael, ti abbiamo vagliato sotto ogni punto di vista. Sappiamo tutto di te. Non vogliamo che te ne stia sullo sfondo. Ti vogliamo in testa, a essere te stesso. Vogliamo la tua forza. Stiamo ricostruendo un governo qui e, in un certo senso, stiamo ricostruendo la fiducia delle persone nell’America. È un lavoro duro, e c’è molta roba pesante di cui occuparsi. È per questo che abbiamo scelto te.”

Lui la guardò in tralice. “Sapete tutto di me, eh?”

Sorrise. “Be’, quasi tutto. C’è ancora un mistero che mi piacerebbe risolvere.”

“Okay, abbocco,” disse. “Quale?”

“Quando tiri da parte le anziane agli eventi, che cosa sussurri?”

Grugnì. In viso gli apparve uno sguardo strano. Il volto quasi gli si trasformò, decadi di usura caddero. Per pochi secondi parve quasi (ma non del tutto) innocente, come il povero bambino che un giorno doveva essere stato.

“Dico loro quanto belle sono oggi,” disse. “Poi dico, �Non lo dica a nessuno. È il nostro piccolo segreto.’ E sono sincero, con ogni singola parola.”

Scosse la testa, e Susan pensò che fosse quasi di meraviglia – per le persone, i politici, per l’assoluta magnitudine e audacia di ciò che persone come lui e Susan facevano ogni singolo giorno delle loro vite.

“Funziona sempre,” disse.




CAPITOLO SETTE


11:45

Atlanta, Georgia



“Il signor Li sta bene? È da un po’ che non lo vedo qui.”

L’uomo era piccolo e magro, con una schiena stretta e inarcata all’indietro. Indossava un’uniforme grigia col nome Sal cucito da un lato del petto. Teneva sempre una sigaretta accesa in bocca. Parlava tenendola nella bocca. Sembrava non vedere mai necessità di togliersela finché non l’aveva finita. Poi se ne accendeva un’altra. In una mano teneva un pesante paio di tagliabulloni.

“Oh, sta bene,” disse Luke.

Percorrevano un lungo e ampio corridoio di calcestruzzo. Era illuminato da tremolanti luci fluorescenti che scendevano dal soffitto. Mentre camminavano un piccolo ratto sfrecciò davanti a loro, poi si precipitò lungo l’angolo in fondo del muro. Sal non parve pensare che il ratto valesse un commento, perciò Luke tenne la bocca chiusa. Guardò Ed. Ed sorrise e non disse nulla. Alle loro spalle, Swann tossiva.

Lo spazio di Li si trovava in un ampio e vecchio deposito che era stato suddiviso nel corso degli anni in molti spazi più piccoli. Li affittavano decine di minuscole aziende. C’era una zona di carico in fondo al corridoio, e il corridoio stesso era perfetto per caricare carrelli e trasportare i prodotti dentro e fuori.

Sal sembrava lavorare come una specie di manager o custode del posto. Inizialmente aveva esitato a cooperare. Ma quando Ed gli aveva mostrato il documento di identificazione dell’FBI, e Swann gli aveva mostrato il suo nuovo badge dell’NSA, Sal era diventato bramoso di compiacerli. Luke non gli aveva mostrato il distintivo. Era il suo vecchio documento dello Special Response Team, e l’SRT non esisteva più.

“In che genere di guai può trovarsi?” disse Sal.

Luke si strinse nelle spalle. “Nulla di troppo grosso. Guai con le tasse, guai con il marchio commerciale e violazioni di brevetto. Roba che ci si aspetta da uno che importa dalla Cina. Deve vedere cose così tutto il tempo, ho ragione? Qualche anno fa sono stato a Chongqing. Lì si può entrare nei depositi lungomare per comprare nuovi iPhone per cinquanta pezzi, e orologi Breitling per centocinquanta. Non sono veri, ovvio. Ma guardandoli non si noterebbe la differenza.”

Sal annuì. “Non crederebbe mai alla roba che vedo entrare e uscire da qui.” Si fermò davanti a una porta di lamiera d’acciaio ondulata, del tipo che si solleva dal fondo. “Comunque Li pare davvero un brav’uomo. Non parla un gran inglese, ma direi che se la cava col poco che ha. Ed è molto educato. Tutto inchini e sorrisi. Non sono sicuro di quanti affari faccia, però.”

La porta di metallo aveva una fibbia con una pesante serratura. Sal sollevГІ il tagliabulloni e con uno scatto rapido spezzГІ la serratura.

“Siete dentro,” disse. “Spero che troviate ciò che state cercando.”

Stava giГ  percorrendo il corridoio verso il suo ufficio.

“Grazie dell’aiuto,” gli urlò Ed da dietro la spalla.

Sal sollevò una mano. “Sono americano.” Non si voltò.

Ed si sporse in avanti e tirò su la porta. Osservarono ciò che era visibile prima di entrare. Ed ficcò dentro una mano e lentamente la fece passare da un lato all’altro, su e giù, in cerca di fili.

Non era necessario. Il deposito di Li non era protetto da trappole. Anzi, sembrava abbandonato da molto. Quando Luke sollevò l’interruttore, metà delle lampade del soffitto non funzionò. Bancali avvolti nella plastica con su giocattoli da pochi soldi erano accatastati in file nelle tenebre, e coperti da cerata verde. Scatoloni di detergenti per la casa generici, non di marca, del tipo che si trovano nei negozi tutto a un dollaro e in outlet spazzatura, erano impilati in un angolo, ad arrivare quasi al soffitto. Tutto era coperto da un sottile strato di polvere. Quella roba stava lì da un po’.

Li pareva aver importato un carico di ciarpame per mantenere le apparenze, per poi non essersene piГ№ occupato.

“L’ufficio è laggiù,” disse Swann.

Nell’angolo in fondo del deposito c’era la porta che portava al piccolo ufficio. La porta era in legno, con un vetro satinato per il pannello in alto. Luke provò la maniglia. Chiusa a chiave. Guardò Ed e Swann.

“Qualcuno di voi ha con sé un piccone? Altrimenti dobbiamo tornare laggiù e spiegare a Sal che il crimine organizzato si è accaparrato il mercato con la merda di discount vecchia di un anno.”

Ed si strinse nelle spalle e prese le chiavi dalla tasca dei jeans. Il portachiavi aveva una piccola torcia. Ed impugnò la torcia come il più piccolo manganello del mondo, e la abbatté sulla finestra, rompendone il vetro. Si sporse oltre il buco e aprì la porta da dentro. Sollevò la torcia per l’ispezione di Luke.

“È come un piccone, ma più diretta.”

Entrarono. L’ufficio era squallido, ma ordinato. Non c’erano finestre. C’era un armadietto con tre cassetti, che erano quasi totalmente vuoti. I cassetti sul fondo avevano ciascuno un po’ di cartelline con manifesti di carico navali e scontrini. Quello in cima aveva qualche barretta proteica e sacchettini di bretzel e patatine, più un paio di bottiglie di acqua di fonte.

C’era una lunga scrivania di legno, con sopra un vecchio computer. Su un lato della scrivania c’erano i tipici cassetti profondi dove spesso la gente teneva i portadocumenti. Quei cassetti erano chiusi a chiave.

“Ed?” disse Luke.

Ed si avvicinò, afferrò la maniglia del cassetto in cima e la tirò fino ad aprirla con la forza bruta – a occhio nudo pareva un giochetto da ragazzi, un lesto strattone del polso a rompere la serratura. Luke lo sapeva bene. Poi Ed procedette ad aprire ogni singolo cassetto usando la stessa tecnica.

“Come un piccone,” disse.

Luke annuì. “Sì, ma più diretto.”

Non c’era molto di più nei cassetti. Matite, penne, stinti articoli da cancelleria. Un pacco ancora chiuso di chewing gum Wrigley. Una vecchia calcolatrice Texas Instruments. In uno dei cassetti, sul fondo, c’erano tre CD-ROM in sporchi astucci di plastica. Gli astucci erano segnati con le lettere A, B e C scritte con pennarello su frammenti di nastro adesivo di carta. L’astuccio con su la lettera B era rotto.

Swann si mise seduto al computer e lo avviò. “Piuttosto low-tech,” disse. “Questo coso probabilmente ha vent’anni. Scommetto che non è neanche connesso a internet. Certo. Guardate. Risale ai tempi precedenti alle connessioni via cavo, e a molto prima del wireless. Non c’è dove attaccare un Cat 5. Volete una connessione internet su questo coso? Qualcuno qui si ricorda la connessione via modem?”

Per Luke, non aveva senso.

“Perché un uomo mandato sul posto per primo per organizzare le cose, e proveniente da un Paese noto per la pirateria informatica sofisticata, ha un computer che non va neanche su internet, e quasi non ci potrebbe andare nemmeno se lui lo volesse?”

Swann fece spallucce. “Ho un paio di idee.”

“Ti va di condividerle?”

“La prima è che non è affatto cinese. Non fa parte di niente di sofisticato. L’hackeraggio della diga non era particolarmente avanzato. Il sistema della diga era maturo per farsi spennare. Potrebbe far parte di un gruppo privo di supporto governativo.”

“Se non è cinese, allora cos’è?” disse Luke.

Swann si strinse nelle spalle. “Potrebbe essere americano. Potrebbe essere canadese. Ha zigomi alti e lineamenti del viso piatti, il che potrebbe voler dire che è tailandese. È un tipo grosso, il che potrebbe voler dire Cina settentrionale. Potrebbe essere un americano di discendenza asiatica. Stando in quella stanza con lui non ho colto nulla che indicasse la sua nazionalità. Ma non lo marcherei come cinese solo perché ha un passaporto cinese.”

“Okay, e qual è la tua seconda idea?” disse Luke.

“La mia seconda idea è che ha lavorato low-tech in modo che nessun ficcanaso potesse vedere quel che stava facendo. Non si può hackerare qualcosa che non è connesso. Se Li non è su internet, nessuno può leggere i suoi file. L’unico modo per accedervi è venire qui nel suo deposito abbandonato da Dio in un miserabile distretto industriale nella periferia di Atlanta. L’unico modo per scoprire anche solo che questo deposito esiste è torturare Li oppure, nel vostro caso, minacciare di torturarlo. E questa è una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere tanto per cominciare, perché Li avrebbe dovuto uccidersi prima della cattura. La gente che avrebbe dovuto trovare il computer erano i responsabili di Li oppure, nello scenario peggiore, l’avrebbe scoperto Sal finiti i soldi dell’affitto. Poi o avrebbe buttato il computer nella spazzatura, o lo avrebbe venuto per dieci dollari.”

Lo schermo del computer si accese e chiese una password di login.

Swann fece un cenno in direzione dello schermo. “E quello, proprio lì, sarebbe bastato a bloccare Sal.”

“Riesci a craccarla?” disse Ed.

Swann quasi sorrise. “Scherzi? Questi criptaggi del 1994 o giù di lì sono uno scherzetto. Hackeravo questa roba quando avevo tredici anni.”

Digitò un ordine, e nell’angolo in alto a sinistra apparve una vecchia schermata MS-DOS nera. Digitò altri comandi, esitò un momento, digitò ancora un po’, e tornò Windows, senza più chiedere la password.

Quando si caricò il desktop, Swann cliccò in giro per un po’. Non ci volle molto. “Non ci sono file qui,” disse. “Nessun documento word, nessun foglio elettronico, nessuna foto, niente.”

GuardГІ Luke oltre la spalla.

“Questo computer è stato ripulito. L’hard disk c’è ancora, e funziona, ma non c’è prova di niente. Penso che il nostro amico Li potrebbe averci fregati.”

“Riesci a recuperare i file che sono stati cancellati?” disse Luke.

Swann si strinse nelle spalle. “Forse, ma non posso farlo qui. Potrebbero non esserci file da cui partire. Dovremo rimuovere l’hard disk e portarlo con noi all’NSA per saperlo per certo.”

Luke si afflosciò appena. Generalmente aveva molta fiducia nella sua capacità di leggere le persone. Ma forse Swann aveva ragione. Forse Li li aveva fregati. Il suo terrore era sembrato abbastanza reale, ma forse aveva finto. Perché avrebbe dovuto farlo? Doveva per forza sapere che Luke sarebbe tornato subito per lui. Non c’era posto in cui scappare.

“E i CD?” disse. “Controlliamo quelli.”

Swann prese il primo, segnato con la A. Lo tenne tra due dita come se avesse su qualcosa di contagioso. “Certo, perché no?”

Inserì il CD nel lettore. Il computer improvvisamente andò su di giri come un aereo che si preparava al decollo. Trascorse un momento, e poi si aprì una finestra. Era una lista di file word. I file avevano nomi che seguivano schemi sequenziali, nella maggior parte dei casi con una parola e poi un numero. Ce n’erano decine e decine.

La prima parola della lista era “aria”, e andava da “aria1” fino ad “aria27.” Un’altra parola che sembrava interessante era “rete”, che andava da “rete1” a “rete9.” Tra quelle due nella lista c’era la parola “diga.” Andava da “diga1” a “diga39.” Molto più giù si andava da “treno1” a “treno21.” E ancora, da “trivella1” a “trivella19.”

“Comincio con aria?” disse Swann.

“Okay.”

Swann aprì aria1. Le parole in alto fungevano come da titolo. Aeroporto internazionale John F. Kennedy, New York City.

“Oh-oh,” disse Swann.

C’era una breve descrizione dell’aeroporto, inclusi data di apertura, la sua posizione per latitudine e longitudine, il numero di voli e passeggeri per anno, le maggiori linee aeree che serviva, e altro. Poi c’erano molte pagine di fotografie del terminal, una mappa di New York con indicato l’aeroporto, e poi molte mappe dei terminal. Oltre, le cose si facevano tecniche – apparvero lunghe liste di dati, un caos di numeri e lettere. Swann si fece silenzioso mentre le leggeva attentamente.

“Houston, abbiamo un problema,” disse alla fine.



*



Il SUV nero sfrecciava per le strade di cittГ , puntando alla strada principale.

Luke era in attesa per parlare con la presidente. In sottofondo riusciva a sentire sia Ed che Swann trafficare ai cellulari.

“Avrò bisogno di una squadra di analisti da buttare su questa roba,” disse Swann. “Sì, non appena riesco a caricare tutto. No, è tutto su CD-ROM. Non posso farlo adesso. Sono in macchina. Sì. C’è una base appena fuori città, la base aeronavale di Atlanta, e ci arriveremo tra poco. Presumo che qualcuno mi presterà un sistema con un lettore CD. Perché secondo te l’ha messo su CD? In modo che nessuno potesse hackerarlo, ecco perché. Era in un cassetto in un ufficio chiuso a chiave in un deposito chiuso a chiave di cui nessuno conosceva l’esistenza.”

Ed stava quasi parlando sopra a Swann. “Deve mettermi in linea con il campo dell’ente federale per la gestione delle emergenze della foresta nazionale di Chattahoochee,” disse. Fece una pausa per un momento, in ascolto di ciò che veniva detto all’altro capo della linea.

“Le giuro che esiste. Cerchi Camp Enduring Freedom, o Campo Nulla. Sono stato lì stamattina. C’è un tipo che si chiama Pete Winn. Non so che titolo abbia. Direttore del campo, forse. Istruttore di nuoto, non lo so. Sì, lo so che il campo non è in nessun elenco. Mi serve comunque questo Winn. Ha un prigioniero. Lui saprà quale. Abbiamo informazioni confermate che abbiamo ricevuto da quel prigioniero. Sì, glielo ripeto. Il prigioniero adesso è un prigioniero di alto valore, del valore più alto possibile. Siamo per strada per il posto. Ci serve che il prigioniero venga preparato per un altro interrogatorio. Voglio su di lui una guardia ventiquattr’ore su ventiquattro, e sorveglianza video. Il prigioniero è a rischio di fuga e a rischio di suicidio.”

Ed fece un’altra pausa. “Signora, trovi il campo e basta! Chieda al suo superiore un’autorizzazione. Glielo sto dicendo, ci sono stato.”

Luke ascoltava l’interruzione delle trasmissioni. Era un po’ sorpreso di se stesso. Avevano lasciato il campo senza considerare come l’avrebbero contattato di nuovo. Luke aveva solo presunto di poter tornare a sentirli tramite i canali normali. Era interessante quanto velocemente ci si arrugginisse dopo due mesi di assenza. Avrebbe fatto quella supposizione se non avesse fatto altro per tutto il tempo? Probabilmente no.

Dopo un altro momento ci fu un clic e l’aria vuota dell’interruzione delle trasmissioni cambiò. Si trasformò in ampio spazio aperto, con delle chiacchiere in sottofondo.

“Kat Lopez,” disse la voce sulla linea.

“Salve, Kat. Sono Luke Stone. Devo parlare con Susan.”

“Salve, Luke. Susan adesso è in riunione. Posso prendere un messaggio per lei.”

“Vorrei parlare con lei direttamente, se non le dispiace.”

“Luke, sono il suo capo dello staff. Ho il potere di ascoltare al posto suo. Può fidarsi che prenderò il messaggio correttamente e che glielo passerò.”

“Il tempo è essenziale qui, Kat.”

La voce di Kat era ferma. “Quindi se la smettiamo di girare intorno al fatto che lei abbia o meno piacere di lasciare un messaggio a me, penso che faremo un uso migliore del tempo di chiunque.”

Luke sospirò. Era così che funzionava. Ti portavano dentro, ti mandavano in missione, e tutto doveva essere fatto il più presto possibile. Poi, quando arrivavi da loro con delle informazioni, erano in riunione. Lasciate un messaggio e vi richiameremo.

“Okay, Kat, ha una penna?”

“Molto divertente,” disse. Ovviamente era una da tablet. Luke non si era mai del tutto abituato all’ultima fantastica tecnologia. Aveva ancora la tendenza a prendere appunti su pezzi di carta.

“Abbiamo interrogato Li Quiangguo stamattina. Basandoci sulla pista che ci ha dato, abbiamo scoperto una lista, e probabilmente più di una, di decine di edifici che sono probabili obiettivi di attentati terroristici. Il nostro tecnico informatico crede che siano probabilmente cyberattacchi, come quello che ha aperto le saracineste della diga di Black Rock. Ogni edificio obiettivo ha il suo documento. I documenti descrivono la tecnologia in uso, le specifiche della tecnologia di rete, inclusi data limits, dimensioni della dorsale, velocità di elaborazione dei dati, anche l’età della tecnologia che stanno usando, e le vulnerabilità della stessa.”

“Che genere di edifici sono?” disse.

“Aeroporti. Centrali elettriche. Intere reti elettriche. Impianti di trivellazione. Raffinerie petrolifere. Dighe. Ponti. Metropolitane e ferrovie. Ne dica una, e quella c’è.”

“Viene indicato un arco temporale?”

“Sì. L’ultimo documento della lista si chiamava Zero Hour. L’abbiamo aperto. La data era il 18 agosto, a due giorni da oggi.”

Sulla linea ci fu silenzio.

Luke proseguì. “Stiamo tornando a interrogare di nuovo Li. Ci metteremo una novantina di minuti per arrivarci. Le liste obiettivi sono su CD. Il mio tecnico informatico, Swann, rimarrà qui ad Atlanta a supervisionare il caricamento dei dati in modo che possiamo passarli agli analisti dell’FBI, dell’NSA e della CIA il prima possibile. Potrebbe voler prendere in considerazione l’idea di chiamare adesso i vostri della sicurezza nazionale, in modo che siano pronti non appena gli analisti cominciano a diventare disponibili? E, se non le spiace, ci dia una mano in modo che possiamo avere gli analisti di cui abbiamo bisogno. Probabilmente avremo bisogno di cento persone oggi, questo pomeriggio, il che significa che avremo bisogno di una cooperazione tra agenzie.”

“Farebbe meglio a parlare direttamente con Susan,” disse Kat.

“Sì. Le ricordo che ho chiesto di farlo fin dall’inizio. In modo che non perdessimo tempo.”

“Capisco.”

La linea morì di nuovo.

Ed fissava Luke. Ed aveva gli occhi sgranati, ma non alla sua tipica maniera spaventosa. Aveva il viso sofferente. Sembrava un uomo a cui era appena stata fatta una brutta sorpresa, o un bambino a cui era stato detto che non c’erano più biscotti.

Dietro alla testa di Ed, sfrecciavano edifici e cartelloni. Erano sul cavalcavia della strada principale, adesso.

“Ho parlato al telefono con il pilota dell’elicottero. È stato il massimo che sono riuscito a fare.”

“Okay, che cosa dice?”

“È all’eliporto qui ad Atlanta. Ed è in contatto con il complesso della FEMA.”

“Okay, Ed, non giochiamo a Twenty questions. Dimmi.”

Ed si strinse nelle spalle. Strinse gli occhi.

“Li Quiangguo è morto.”




CAPITOLO OTTO


12:30

Sala operativa, osservatorio navale degli Stati Uniti – Washington, DC



“Dovrei entrare anch’io?” disse Michael Parowski.

Susan annuì. “Ti voglio lì.”

Erano al piano terra della Nuova Casa Bianca, a camminare svelti verso la sala operativa. Kat Lopez li seguiva due passi indietro. Due uomini dei servizi segreti seguivano due passi indietro a Kat.

“Che cosa vuoi dire alle persone?”

Susan si strinse nelle spalle. “Non c’è bisogno di dire niente a nessuno, e nemmeno di annunciare la tua presenza. Kurt Kimball spesso sbatte fuori gente se le cose si alzano di livello, ma altrimenti nessuno sarebbe scioccato di vedere un membro del Congresso lì dentro.”

“Quando lo diremo alla gente?”

Susan si guardò alle spalle. “Kat?”

“Abbiamo la data provvisoria di mercoledì, alle nove del mattino. Stiamo mettendo insieme una conferenza stampa. Se farà bello la faremo nel cortile sul retro. Altrimenti la faremo nella sala delle comunicazioni. La cosa le dà abbastanza tempo, signore?”

“Due giorni? Sarebbe sorpresa dalla quantità di roba che faccio in due giorni.”

Oltrepassarono le doppie porte aperte della sala operativa. Altri due agenti dei servizi segreti fiancheggiavano l’ingresso. Il grosso e calvo Kurt Kimball, il consigliere per la sicurezza nazionale di Susan, era già lì, in piedi davanti a un largo schermo piatto montato sul muro. Parlava con un giovane dell’informatica e teneva in mano un telecomando.

Il posto si stava riempiendo. Kurt aveva molti membri dello staff nella stanza, e i suoi due migliori analisti dei dati, entrambi i quali si era portato dietro dalla Rand Corporation non appena arrivato.

Trish Markle, la nuova segretaria di stato, era seduta di fronte a Kurt, e parlava con due giovani membri del suo staff. Trish aveva quel posto già da sei settimane. Era sottosegretaria al dipartimento di stato quando era accaduto il fatto di Mount Weather, e Susan l’aveva semplicemente promossa al posto superiore. Trish aveva quarantasette anni. Aveva trascorso lunghi anni come burocrate del governo – forse troppi. Finora, come segretaria di stato, aveva fatto un lavoro mediocre.

“Kurt,” disse Susan tagliando il chiacchiericcio di sottofondo.

Lui guardò verso Susan, poi si avvicinò. Strinse la mano al membro del Congresso Parowski. “Mike, bello vederla. Ho sentito che è in programma un grosso annuncio.”

Parowski guardò Susan. “Interessante. Ne ho appena sentito parlare anch’io.”

Kimball sorrise. “Le notizie viaggiano veloci per questi corridoi.”

“Kurt,” disse Susan, “se sei pronto, voglio cominciare. Ho la sensazione che siamo già in svantaggio. Ci sono grosse lacune nelle informazioni che ho io.”




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